venerdì 29 marzo 2024
AMadrid, al Prado, c’è un Cristo di Tiziano, anno 1565. Cristo porta la Croce aiutato da un vecchio cireneo. Un’icona dipinta da mille artisti. Ma questo volto di Cristo a me sembra violare il tempo, l’abitudine, la dimenticanza: mi porta in quell’istante dell’anno 33, a Gerusalemme. Lui è molto giovane. Il sangue stilla sulla fronte, la fatica di sorreggere la Croce è percepibile nella mano tesa e piatta sul legno. Ma gli occhi, è l’espressione degli occhi che ti attraversa. Quel Cristo guarda chi lo guarda. Colto nella sofferenza e impotenza assoluta, non rimprovera: ci guarda e sembra chiedere aiuto. Aiutatemi, perché il peso della Croce è immane. Perché il martirio è atroce, perché forse lo insegue quell’ombra insopportabile: «Mio Dio, perché mi hai abbandonato». Uomo, il Cristo di Tiziano, più che Dio. Massacrato, tuttavia sceglie la Croce, come vuole il Padre. Sarà per sempre accanto ad ogni sacrificato, a ogni perseguitato, agli ebrei dell’Olocausto e ai bambini di Gaza, e del Donbass, e di mille guerre dimenticate. Talmente uomo, quel volto, che mi ricorda un mio fratello nell’agonia: lo stesso pallore, la stessa domanda negli occhi. Quel Cristo mi seduce. Mi commuove: quasi che ora, vecchia, vedessi in lui un figlio. «Dov’è Dio, nel male cui assistiamo?» ci chiediamo scandalizzati. Io lo vedo in quel Cristo che ci guarda. Lui è qui: non se n’è mai andato. © riproduzione riservata
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