Aldo Bonomi sul Sole 24 Ore di domenica ha acceso i riflettori su un pensiero, che credo sarà dominante da qui all'Expo del 2015: è ancora attuale parlare di crescita? Basta guardare la situazione, per cui, semplificando, metà del mondo produce obesi e l'altra metà muore di fame. E così, siamo di fronte a quello che non solo è un paradosso, ma anche un meccanismo che non ha imparato a fare i conti con il limite. Espressioni come "green economy" sembrano diventate uno slogan buono per tutte le occasioni, anche se rischiano di rimanere vuote, se non vengono associate al concetto di "green society" e, ancora, di "welfare community".Nel recente passato si è parlato anche di decrescita felice, ma pure questo assioma sembra poco convincente e dà l'immagine di un pantano da cui non si riesce a uscire. E si chiama recessione. Non c'è dunque un modello unico per governare il mondo, ma c'è da chiedersi se il modello del nostro Paese può essere portato come esempio. Di evoluzione o di involuzione? Se guardiamo nei cosiddetti territori, ossia quei microcosmi che sono i paesi, c'è qualcosa che non torna: sono spariti tanti dei servizi elementari (a cominciare dai negozi di alimentari) e il mercato immobiliare è in grande affanno. Ma abbiamo la comunicazione... magra consolazione. In questi giorni, la vendemmia fa discutere: sarà buona, eccellente o scarsa, in termini di qualità? Ma poi l'embargo russo arriva come una doccia fredda sulle imprese, che producono Prosecco o Moscato, le quali temono, in prospettiva, di perdere un mercato strategico. Romano Levi, detto il grappaiolo angelico, raccontava la realtà sulle sue etichette disegnate a mano con due angeli che avevano ciascuno una sola ala. E dovevano viaggiare insieme. Può essere questa l'immagine di "welfare community"? Oppure è l'immagine del glocal con una sola ala, che ha bisogno di un contesto global per continuare a vivere, e magari a crescere? Quale "green society" andremo a disegnare? E chi saranno i componenti di queste "societies"? I contadini, i "ritornanti" al mondo agricolo? Non basta. Le città che erano anche grandi centri operai non ci sono più, ma anche le comunità rurali sono cambiate, e questa polverizzazione di classi sembra aver bloccato la comunicazione fra persone, ancor più quando le comunità devono fare i conti con l'integrazione sociale. C'è dunque un allarme generale che riguarda tutto il mondo: manca la parola, l'assunzione di responsabilità di ciascuno. E in questo momento, dove imperano gli "smanettoni" sui social media sembra tutto rovesciato: troppi spettatori, pochi protagonisti. Ma solo questi ultimi fanno "community", ossia sviluppano modelli.
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