L'Italia sconfitta in Spagna con le sue stesse armi (dicasi contropiede: Aragones non è sciocco e non crede alle fanfaluche catenacciare dei tabloid spagnoli) forse si porterà al centro del dibattito tecnico, lasciando da parte la deplorevole querelle sul contratto di Donadoni. «Non è possibile finalizzare il rapporto contrattuale del ct della Nazionale ai risultati», ho sentito dire mercoledì sera in tivù da un paio di autorevoli commentatori, rendendomi subito conto del singolare conflitto d'interessi dei medesimi: erano infatti due allenatori, a parlare, Dossena e Zenga, oggi opinionisti, ieri condottieri di squadre che li hanno silurati (Dossena, in particolare, ha vissuto l'esperienza negativa sulle panchine del Ghana, dell'Albania e del Paraguay). La Federcalcio, com'è noto, ha fatto sapere al suo tecnico che del rinnovo del contratto si parlerà alla sua naturale scadenza - a luglio - ed è ovvio che sulla decisione peserà il risultato degli Europei, non necessariamente da vincere ma da onorare adeguatamente. Hanno aggiunto - i federali - che la loro «non decisione» è ben augurante: l'Italia di Lippi è diventata campione del Mondo senza che il ct avesse rinnovato il contratto. Su tutta la vicenda si è espresso con l'abituale franchezza "Ringhio" Gattuso: «Il contratto di Donadoni? È una discussione che più va avanti, più diventa antipatica: sentire tutti i giorni del rinnovo del tecnico non è bello. Lui è uno a cui piace lavorare e che fa lavorare bene la squadra. Io gli posso soltanto dire di guardare avanti e di non pensarci, deve solo pensare a fare bene con la Nazionale e dopo credo che il contratto arriverà». Peccato che, nel frattempo, si sia parlato tanto di scartoffie e poco di calcio, arrivando alla sconfitta subita ad opera della Spagna con vistosi problemi in prima linea e anche a centrocampo (difficoltà nel rapporto De Rossi-Pirlo). Si è parlato poco, ad esempio, nello staff azzurro, di Del Piero, lasciato a casa - come mi augurerei - perché non è da scoprire in un'amichevole o forse - come temo - perché ormai «pensionato» da Donadoni. Vorrei far notare che la Nazionale ha già dovuto rinunciare a Totti che se n'è andato sì di sua scelta ma dopo avere registrato difficoltà nel rapporto con il commissario tecnico. E a proposito di punte, non capisco l'insistito disinteresse della Nazionale maggiore nei confronti di Giuseppe Rossi, una volta di più bomber dell'Under 21, mentre è subito stato convocato Borriello. E mi chiedo, in generale, cos'abbia fatto, Rossi, al calcio italiano intero che continua a lasciarlo esule nelle contrade d'Europa. Detto questo, vorrei incoraggiare Donadoni ricordandogli che la vita del tecnico azzurro è storicamente dura. Se ha conosciuto Valcareggi, saprà che egli fu accolto a sassate e pomodorate quando, dopo la finale Brasile-Italia del 1970, tornò a casa avendo conquistato il secondo posto. E in ogni caso potrebbe organizzare una cenetta con Bearzot, Maldini e Zoff (Sacchi no, lo conosce benissimo) per farsi spiegare quant'è dura la vita del ct. E Lippi? Per ora fa il telecronista e, a differenza di Dossena e Zenga, non ritiene obbligatorio il rinnovo del contratto a Donadoni prima degli Europei. Chissà perché.
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