Il leggere fa l'uomo completo, il parlare lo rende pronto, lo scrivere lo rende preciso.
Questa trilogia, che dobbiamo ai Saggi del celebre filosofo inglese cinquecentesco Francesco Bacone, intreccia in sé i fili fondamentali della cultura, alla quale però lo stesso pensatore associava anche l'esperienza. Certo è che una delle avventure più alte in assoluto dell'umanità è quella della parola, tant'è vero che essa diventa il segno supremo per definire Dio, il suo mistero e il suo rivelarsi: «In principio era la Parola», proclama la prima riga del Vangelo di Giovanni. E attorno alla parola si sviluppano appunto quei tre atti che nell'ordine della nostra vicenda umana sono di solito così scanditi: iniziamo a parlare, tentiamo poi di leggere i segni grafici in cui si cristallizza la parola e, alla fine, li produciamo.
A questi tre momenti Bacone assegna una particolare qualità. Col parlare diretto e immediato abbiamo la possibilità del dialogo e del confronto vivo; col leggere cresce in noi il sapere; con lo sforzo di calare l'incandescenza dei pensieri e dei sentimenti nello scritto si acquisisce il rigore, la precisione, l'accuratezza. È purtroppo vero, però, che questi tre atti non di rado sono devastati dal nostro comportamento: il parlare diventa chiacchiera, la lettura mera evasione e lo scrivere una banalità (pensiamo solo alla valanga dei "messaggini"). Ritorniamo, allora, al gusto di compiere queste azioni umane fondamentali, soprattutto quel leggere che in Italia è ancora così raro. Carlo Bo, grande critico letterario, osservava che «il leggere dovrebbe essere una guida e non un rifugio per far passare il tempo». Ma per fare questo è importante avere un libro sapiente in mano e un po' di silenzio attorno.
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