Sabato mattina, cortile del castello di Casale Monferrato, centinaia di persone aspettano il via per una due giorni di assaggi itineranti fra le colline e, l'anima del Padiglione Italia di Expo 2015, al secolo Cesare Vaciago, in due minuti (due) apre uno scenario sull'Expo che, a vedere i volti di amministratori e astanti, non s'era mai avvertito con così tanta lucidità: l'Italia è il Paese delle quattro potenze.Fosse stato un proclama come tanti, tutto si sarebbe esaurito in un pallido applauso, ma in verità quelle quattro potenze erano lì a portata di mano, in un territorio di paesi e castelli che ha mille anni di storia: il Monferrato. Ma le quattro potenze, che saranno evocate nella “mostra dei territori”, altro non sono che i comun denominatori di tutti i territori italiani. E a ben pensarci è una sintesi non da poco, tutto questo.Allora ecco, secondo quanto elaborato da Giuseppe De Rita e Aldo Bonomi, la potenza della “bellezza”, che sarà declinata nella mostra del Padiglione Italia con l'emozionalità dei paesaggi che proprio in questa stagione raggiungono un'acme. Energia per la vita è una cosa così, per capirci. C'è poi la potenza del “saper fare”, che è la trasformazione produttiva di un territorio. E qui c'è l'ingegno, la creatività, o se vogliamo i modelli, che potranno portare energia in tutto il mondo. C'è poi una terza potenza, che forse è la più suggestiva di tutte e riguarda “il limite”, ossia la capacità umana di superare ostacoli e vincoli. E questo, nella storia del nostro Paese, è sempre stato un eccezionale elemento di esercizio. E mi viene in mente, del medesimo curatore della mostra Marco Balich, l'Albero della vita, simbolo dell'Expo, che è come il fico del mio giardino, seccato da una gelata eccezionale e rinato poco dopo dalla radice. Oggi è un albero nuovo, che dà frutti, che ha le sue fronde e ai miei occhi dimostra la potenza indomabile della natura. C'è insomma sempre un'energia nuova da dove ricominciare. E questa energia rimanda all'ultima delle quattro potenze (che saranno tutte declinate da sculture, quadri, brevi video e quant'altro), ossia il “futuro” rappresentato da quel vivaio storico che sono le biodiversità, conservate, rimodellate, riattualizzate.Questo è ciò che vedremo fra sette giorni, non come chiusura di un discorso, ma come riflessione e paragone, che è anche un elemento di fiducia verso il futuro. Io credo che il migliore dei modi per vivere questo momento storico sia proprio partire da ciò che siamo, anche se non mancherà l'esercizio estenuante di andare a vedere l'angolo che non è pronto, la sedia messa nel posto sbagliato e la nuvola che oscura il sole. Metafora per metafora, nessuno di noi vuol essere rappresentato da queste nuvole, ma dalle quattro potenze che ci connotano: bellezza, lavoro, ostacoli da superare, voglia di vivere. Si chiama futuro. Ed è già qui.
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