Che cosa potrebbe mai legare la religiosa Mary Kenneth Keller, nata nel 1913 e morta nel 1985, appartenente alle Suore della Carità della Beata Vergine Maria e pioniera degli studi sull'informatica, e il laico Matteo Bruni, nato nel 1976, legato alla Comunità di Sant'Egidio e neodirettore della Sala stampa della Santa Sede?
Si sono incontrati nella mia quotidiana rassegna della blogosfera ecclesiale provenendo da posti diversissimi. Lei dal sito "ChurchPop", che ha confezionato una sua breve agiografia attingendo ampiamente (ma dimenticando, ahimè, di citare la fonte e di usare le virgolette) da un articolo di Andrea Galli ( tinyurl.com/y6d3mahz ) comparso qui su "Avvenire" nel 2013. Lui dal portale "Vatican News" ( tinyurl.com/y6pkjhbn ) e dai più autorevoli siti di informazione religiosa, a motivo del nuovo cruciale incarico. Di suor Keller, peraltro, la Rete ovviamente sa tutto: c'è anche una voce a lei intitolata su Wikipedia. Di Matteo Bruni invece la Rete sa ancora abbastanza poco: il suo stesso profilo Facebook è avaro di notizie, almeno verso i visitatori non ancora amici. Da ultimo, come la maggior parte di noi anche Bruni si limita, immagino, a stare davanti ai piccolissimi e potentissimi "computer" di oggi, mentre suor Keller, agli enormi computer dei suoi tempi, aveva ottimamente imparato a stare "dietro": li programmava. Nel corso di questo impegno tecnologico aveva appreso, come riferisce l'articolo di "Avvenire", l'esercizio di due grandi virtù cristiane: «L'umiltà, perché gli errori non sono della macchina ma del programmatore, e la pazienza, nelle infinite operazioni di de-bug, nel cercare le linee di codice contenenti errori e correggerle». Due virtù che – come potrebbero testimoniare i predecessori di Bruni – anche il direttore della Sala stampa della Santa Sede è chiamato a praticare: in grado forse non eroico, ma sicuramente molto alto.
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