La testa di Giovanni il Battista è presentata a tavola su un vassoio come prelibata portata da gustare. La bocca socchiusa, gli occhi accusatori, l'aureola di sangue messa come basamento e le due carotidi ancora ricche del loro contenuto. Certo che servire a tavola la testa di un profeta, è un menù che non potrà essere cancellato da nessuna mai censura sanatoria. L'evento che ha ispirato tutte le arti ci piomba addosso dalla tela del Tiziano come ci assale dall'opera teatrale di Antonio Porta. Ma è lui, Testori Giovanni, scrittore erede di Gadda e pittore discepolo del Caravaggio ad essere testimone insuperabile del mozzar teste, tornato fra di noi. Aveva pitturato decine di teste decollate di Giovanni il precursore, che vennero esposte a suo tempo al Centro Pompidou di Parigi. Cielo, sembrava una tormentata meditazione sulla drammatica scaturigine del cristianesimo ed invece è qui. Le teste dei martiri volano sopra di noi. Basta guardarle, saperle vedere e testimoniarle. Giovanni Testori torna così alla luce, piovuto come un angelo caduto dal cielo che sta battendo il mento per terra, come lo aveva raffigurato lo scultore Giovanni Paganin. Quelle sue teste del Battista oggi ci accompagnano. Sono una segnaletica stradale, una pala d'altare di chiese non costruite o distrutte oggidì.
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