Le Sonate per organo di Mendelssohn omaggio romantico a Bach e Lutero
domenica 26 settembre 2010
Quando nel 1845 Felix Mendelssohn (1809-1847) diede alle stampe le sue Sonate per organo op. 65 aveva da tempo consolidato il proprio ruolo di principale artefice della "renaissance bachiana", formalmente inaugurata a Lipsia l'11 marzo del 1829 con la storica esecuzione della Passione secondo Matteo, riesumata per la prima volta dopo la morte del Thomaskantor. Lo studio assiduo dell'opera dell'augusto predecessore ha dunque forgiato nel profondo lo stile e il linguaggio con cui Mendelssohn ha plasmato la sua produzione, a partire da quella sacra dei grandi oratori (Paulus ed Elias) per arrivare a quella per certi versi "minore" a cui appartengono le sei composizioni raccolte appunto sotto l'opus 65, annoverate tra le pietre miliari della letteratura organistica di tutti i tempi.
Pagine oggi riproposte nella registrazione realizzata da Jos van der Kooj, interprete che dimostra un'intima frequentazione con il magistero del contrappunto, tra le punta delle dita e nella mente, in termini di perizia tecnica ma anche a livello di concezione ideale (cd pubblicato da Challenge e distribuito da Milano Dischi); e una parte decisiva nella buona riuscita del progetto va attribuita anche al prezioso strumento Müller utilizzato per questa incisione e sopra il quale pare abbia suonato lo stesso Mendelssohn, costruito negli anni Trenta del XVIII secolo nella cattedrale gotica di san Bavo ad Haarlem, nei Paesi Bassi.
Si tratta di opere improntate a uno spiccato senso religioso, sopra le quali si proietta inevitabilmente l'ombra lunga dell'arte creativa di Bach; pagine nate con l'intento di accompagnare le celebrazioni liturgiche, in cui convivono motivi popolari ed episodi fugati, ma soprattutto elaborazioni su temi di corali ricavati dalla tradizione luterana. Un campionario universale che riscosse subito grande fortuna sin dalla sua pubblicazione, come dimostra il commento entusiasta scritto sul londinese Morning Chronicle da Henry Gauntlett, uno dei più celebri organisti inglesi del tempo: «È finito il tempo delle forme eccessive e delle lunghe analisi. Quello che desideriamo è forte sentimento, ma in forma concentrata: deve colpire all'improvviso come una corrente elettrica, deve stimolare il sangue. Così è in Mendelsshon...».
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