L'attenzione che il Csm sta dedicando (attraverso linee guida agli uffici giudiziari, convegni con operatori ed esperti, indirizzi programmatici sulla formazione dei magistrati, protocolli d'intesa con l'avvocatura) allo stile delle decisioni giudiziarie e all'esame preliminare delle impugnazioni richiederebbe di essere maggiormente sottolineata: per quanto si tratti di temi in apparenza distanti dalle preoccupazioni immediate del cittadino-utente e troppo "tecnici" per suscitare grandi emozioni, le ricadute sull'efficacia della giustizia sono notevoli, se è vero che i maggiori ritardi processuali concernono il giudizio di appello e che, nonostante l'indubbio miglioramento registrato in questi ultimi anni, siamo ancora spesso lontani da una ragionevole durata dei processi.
Prendere sul serio il legislatore – il quale, pur con molte cautele, sta ampliando i casi di inammissibilità delle impugnazioni in campo penale e ha altresì previsto un meccanismo processuale, sempre di inammissibilità, per gli appelli in campo civile che non abbiano "ragionevole probabilità" di essere accolti – e al tempo stesso valorizzare sia le pronunce delle sezioni unite della Cassazione in tema di necessaria specificità dei motivi di appello, sia le migliori pratiche organizzative in tema di "spoglio", ecco le direttrici di marcia del Consiglio superiore.
Per potere raggiungere gli obiettivi desiderati, tali meccanismi di razionalizzazione e sfoltimento hanno bisogno di un materiale di base ordinato e facilmente padroneggiabile: di qui appunto la necessità di orientamenti e standard circa lo stile e la tecnica redazionale degli atti giudiziari, in quanto la chiarezza e la sinteticità di questi ultimi, da un lato, e la presenza di meccanismi di "filtro", dall'altro, sono fenomeni interconnessi. Oltre una certa soglia, la quantità (intesa sia come numero di provvedimenti, sia come "mole" dei medesimi) finisce per inibire la qualità. E noi abbiamo un grande bisogno di qualità del sistema giustizia, senza la quale sarà molto arduo risalire la china della sfiducia dei cittadini verso la magistratura nel suo insieme e in particolare innalzare il tasso di percezione dell'indipendenza dei magistrati da parte della pubblica opinione.
Serve dunque un approccio culturale che parta dal presupposto per cui le sentenze più chiare e sintetiche sono, spesso, anche le più giuste.
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