Domenica tra l’Ottava di Natale - Anno C
Trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Mi domando, e comincio dalla fine, se non compresero Maria e Giuseppe quel figlio così eccezionale, come possiamo pretendere di capirlo noi? Eppure loro avevano avuto segnali indiscutibili, un angelo che lo aveva annunciato, altri angeli sulla grotta della nascita, visioni travestite da sogni, tutte cose che avrebbero dovuto prepararli, almeno un poco, a ritenere quel figlio come speciale. Eppure anche loro, i genitori a cui era stato preannunciato lo straordinario, hanno dovuto cercare quel bambino dodicenne, anche loro hanno dovuto fare i conti con una sorprendente ordinarietà della vita familiare.
Non sono stati resi immuni, Maria e Giuseppe, dalle mille angosce dell’essere genitori, dalla preoccupazione di una febbre che non passa a quella di quando si attende il ritorno alla sera. “Angosciati ti cercavamo”, come noi.
Come noi a cercarlo ovunque, col timore di averlo definitivamente perso, come noi a restare stupiti davanti alle sue risposte, imprevedibili, sconcertanti. Come noi a dover accettare che Dio non è come lo abbiamo previsto, come ce lo siamo raccontato, come lo abbiamo immaginato, ma è Altro, sempre Altro.
Un Dio che prima di tutto “ascolta” e poi “interroga”: ascolta le nostre domande o il nostro grido e poi ci sconvolge, perché smuove le parti profonde e nascoste di noi, quelle che non sappiamo di possedere, quelle che abbiamo lasciato spegnere sotto le braci dell’abitudine, dell’indifferenza, dello scontato.
Un Dio che è sempre oltre, che corre avanti perché impregnato di futuro, di novità, di terra e cieli nuovi: sono queste le “cose del Padre”. Quelle che non capiamo.
Non si comprende Dio, questo Dio che appare e scompare, che va via e ritorna, che scappa e si fa trovare; non si comprende se non con l’amore che ti fa restare stupito davanti a Lui, al suo sorprendente procedere per cammini imprevisti. Con Maria e Giuseppe dovremmo essere capaci di conservare nel cuore il nostro non capire e custodirlo, come se fosse un seme.
“Il sogno che oggi ci stimola è il Tuo futuro che ci chiama, la Tua vita che si esprime in nuove, inimmaginabili forme. Nel cuore della pietra il Tuo sogno si infiora di vita, nel profondo della terra risveglia le infinite vite.” (G. Vannucci)
(Letture: Prima Lettera di Samuele 1,20-22.24-28; Salmo 63; Prima Lettera di Giovanni apostolo 3,1-2.21-24; Luca 2,41-52)
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