Le parole sono importanti, ricordavamo due giorni fa. Alcuni titoli di prima pagina del 3/11 ribadiscono il concetto, posto che ce ne sia bisogno. “Manganello” non è una parola qualsiasi, dotata com’è di un forte potere evocativo. Curiosamente compare su due testate assai lontane tra loro: «Orgoglio e manganello» (“Repubblica”) e «Ma quale legge manganello. Mattarella sconfessa Saviano e la Murgia» (“Libero”), e a nessun ludolinguista sarà sfuggita l’assonanza, certo involontaria, tra “manganello” e “Mattarella”, femminile di “mattarello”, una sorta di manganello casalingo buono per tirar la pasta ma anche minacciare discoli e mariti perditempo: ah, l’ambivalenza delle parole!
Il ferro è certamente molto duro, così ecco altri due titoli vicini di due testate lontane: «Meloni fiera del pugno di ferro» (“Stampa”) e «Orgoglio no rave. Il governo tiene duro» (“Giornale”). Anche la parola “orgoglio”, usata sia dalla “Repubblica” sia dal “Giornale”, è ambivalente, ora positiva ora negativa. Si chiama fuori il “Fatto”: «Non ne azzeccano una». E si mantiene sul liscio liscio il “Corriere”: «La legge anti-rave sarà corretta», con ulteriore ambivalenza dell’aggettivo “corretto”: in questo caso significa “moderato”, ma associato al caffè è tutto l’opposto.
È evidente l’intento delle varie testate di elogiare o denigrare, spesso ricorrendo al medesimo lemma. Dovremmo stare attenti alle parole. Tutti noi, non solo i giornalisti o i politici legiferanti. La “Repubblica” (2/11) dedica un’intera pagina, bella e importante, al libro del pedagogista Daniele Novara La manutenzione dei testi dolenti. Testi, non tasti: è un gioco di parole, non un refuso. Ognuno ha il suo testo-tasto dolente «ed è qualcosa che ha a che fare con la propria infanzia». Si tratta delle «frasi che ci fanno infuriare», violente e cattive anche se apparentemente innocue, che a volte ci escono di bocca con nonchalance e provocano la reazione di chi se la ritrova addosso e, reagendo, sembra avvalorarla. Ad esempio: «Non sono la tua serva», «Devi fare come ti dico», «Quand’è che cresci?», «Con te non si può parlare», «Càlmati», «Vuoi fare sempre di testa tua», «Se non sai farti rispettare...». La guida di Novara «insegna a muoversi nelle situazioni conflittuali». E chi è senza peccato scagli la prima parola.
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