Ho scoperto che in pochi mesi le librerie hanno ricevuto una dozzina di Storie dell'Inter. Alcune anonime, alcune di poco o tanto nome, altre ufficiose o ufficiali. Con la consueta originalità, editori qualificati o sprovveduti hanno pensato di fare un affarone coi cent'anni in arrivo. Mercanti, appassionati e fedeli hanno avuto fiducia nei miliardi di Massimo Moratti, negli stranomi da lui arruolati con fama di campioni,
nella magìa di Roberto Mancini inteso come erede di Helenio Herrera che con Angelo Moratti aveva vinto tutto: in Italia, in Europa, nel Mondo. Dopo l'esclusione dell'Inter dalla Coppa Campioni, a sole 72 ore dal compleanno, immagino che montagne di volumi saranno destinati al macero. Insieme ai sogni dei nerazzurri, coltivati ahiloro più con fiducia nella potenza che nel gioco. E non voglio dire gioco per
dire tecnica e tattica: il tempo
(troppo) ha portato qualità visibile e apprezzabile almeno per buona
parte del campionato.
Dico gioco per dire giocatori: dai quali avrei preteso più impegno, più professionalità, più attaccamento alla maglia. Certe partite si vincono con l'orgoglio e la passione, strumenti validissimi anche per rimontare due gol al Liverpool, tanto per dire, proprio come il Liverpool riuscì a rimontare tre gol al Milan nella finale Champions 2005 di Istanbul.
Se il calcio non fosse così, non celebreremmo centenari: nella sua storia, l'Inter ha fatto di meglio. Ad esempio con pedatori dai piedi ruvidi come Burgnich e Guarneri, con personalità di grande spicco come Facchetti, Picchi e Suarez, con fuoriclasse generosi come Corso e Mazzola. Che nei lunghi anni di milizia nerazzurra non hanno accumulato ricchezza ma ammirazione e amore. Quando ho letto titoloni che praticamente garantivano la promozione dell'Inter grazie a Ibrahimovic ho capito che San Siro avrebbe vissuto la seconda capitolazione in una settimana. Ma quelli là, quelli del primo giro, i milanisti, almeno ce l'avevano proprio messa tutta. Questi no.
Come se non bastasse, il dramma calcistico andato in scena nell'ex Scala del Pallone è poi stato trasformato in commedia dalle annunciate dimissioni di Mancini per la fine del campionato, rimangiate dopo poche ore e un colloquio vis-à-vis tra il tecnico e il suo presidente.
Mi ero chiesto, sabato sera, dopo la deplorevole vittoria sulla Reggina, perché mai Moratti non avesse spostato i festeggiamenti a miglior data, anche per motivi scaramantici; e mi sono dato una risposta: evidentemente il tecnico e la squadra son talmente carichi che non temono deconcentrazione. Visto Burdisso per tutti: due cartellini gialli e la solita espulsione. Peccato, presidente... Adesso, dopo il 5 maggio ci sarà il tormento di ricordare anche l'11 marzo. Se poi ci va di mezzo anche il 18 maggio, ultima di campionato a Parma, con l'ex Hector Cuper appena arrivato sulla panchina degli avversari, ecco un bel terno al lotto. Sulla ruota di Napoli, naturalmente.
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