Verso le cinque del pomeriggio, quando incomincio a scrivere, è già buio in città e il sole che alle quattro aveva preso a scendere non ci ha lasciato nemmeno un piccolo ricordo della sua luce. Dobbiamo aspettare la primavera e forse questo è il mese più difficile da affrontare per chi non ha un impegno di lavoro fuori casa. Lunghe diventano le ore che nel secolo passato le donne riempivano con l'ago in mano, con i ferri a maglia. Ricordo bene i pullover fatti con lane pesanti per ripararci dal freddo che la zia o la nonna ci facevano indossare per l'inverno dei paesi del nord Italia. La lana era pesante e graffiava un po', ma l'aria fredda che scendeva dalle montagne ne restava fuori. Forse era la nostra giovinezza che vinceva sulle raffiche di vento che scendevano dalle rupi grigie e inospitali e ci lasciava ridere e correre sulle nostre biciclette appena ricevute tra i regali di Natale. A Roma, quando si ritornava dopo le vacanze invernali, per andare a scuola si metteva solo una giacca un po' più pesante per i giorni di gennaio, ma il mese che seguiva ci sembrava già caldo. Era il sangue giovane, era la voglia di vivere, di inventare, di costruire la nostra vita che ci spingeva in avanti senza timore quasi dipendesse da noi ogni giorno che passava come se ne avessimo in deposito una quantità senza confine. E adesso che forse in prospettiva ne abbiamo meno vorremmo disporne di più perché le ore ci pare scorrano più veloci e ci rubino quel tempo che una volta passato nella nostra mente e fra le nostre mani se ne va e non ritorna. Il rimedio è saper dare a ogni giorno un senso, una ragione di vita, riconoscere che anche se le nostre ore, per ragione di età, non rendono più come una volta conserviamo dentro di noi il valore di essere uomo o donna capaci di pensiero e di conoscenza. Un grande aiuto è incontrare i bisogni dell'altro, condividere le difficoltà, aiutare almeno con le parole e non lamentarsi mai perché troveremo sempre chi ha meno e chi soffre di più di noi. Niente fa bene al cuore quanto portare serenità e sorriso a chi ne ha perduto il valore come il dividere il bene del proprio animo, la capacità di vedere il cielo chiaro quando è cupo, come il saper ridere quando l'animo chiederebbe di piangere in pace e in solitudine. Anche se non hai nessuno, anche se la pena è solo tua e indivisibile cerca di scioglierla nell'aria e, a un bambino, direi che un angelo passerà a prenderla. Ma se sei ancora giovane, non di anni ma di mente, interessati delle novità delle scoperte nuove per quanto riguarda la nostra vita, come per quella del mondo futuro. Non temere di non comprendere i complessi conti e disegni degli astrologi e degli studiosi dell'universo. Importante è credere che la nostra terra non finirà, ma sarà la nave che porterà l'uomo a conoscere ciò che oggi ancora non vede, ma immagina e spera di conoscere per la gloria del creato.
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