Il direttore-conduttore di uno dei Tg serali di lunedì 21 novembre è ancora in apnea per la lettura del sommario quando mi raggiunge su Facebook il post della collega Gabriella Zucchi: ha storpiato Misericordia et misera in Misericordia et miseria. Mi si obietterà che i resoconti sulla lettera apostolica post-giubilare hanno generato, sui media, ben altri storpiamenti, ma questa puntata di WikiChiesa è la numero 300, e allora voglio provare a metterci più humour del solito.
E continuando a dire il peccato, ma non il peccatore, racconterò subito che la Rete, interrogata nel modo più diretto, mi ha risposto che quello televisivo è arrivato buon ultimo: erano già cadute in tentazione anche alcune edizioni straniere delle migliori fonti ecclesiali online, nonché una quantità decisamente alta di fonti non specializzate, in particolare in area ispanofona-lusofona. Si sa, al tempo di Internet sono le notizie che inseguono i giornalisti, e può anche capitare che a tradirti non siano le tue dita ma un correttore automatico troppo intraprendente. Certo che il titolo Misericordia et miseria, cioè Misericordia e sventura, si attagliava più ai critici dell'ultimo Giubileo che non a chi l'ha voluto e celebrato con tanta convinzione... e in effetti, all'epoca della sua indizione vi fu chi storpiò volutamente, e non per un errore di battitura, la bolla Misericordiae vultus in Misericordiae vulnus.
D'altra parte la mia trascorsa, lunga militanza di editor di documenti magisteriali mi ha messo sotto gli occhi una quantità tale di "eresie redazionali" che non mi scandalizzo più di nulla. Quasi tutte scoperte (per fortuna) prima di andare in stampa: dalla post-sinodale Christifideles laidi (dedicata al sesto comandamento?), al dicastero Iustitia et fax, evidentemente molto burocratizzato. Ma l'errore che ricordo con più divertimento, tra quelli citabili, è quando feci dire a un Gesù fattosi improvvisamente malmostoso di non essere «venuto per servire ma per essere servito».
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