sabato 30 novembre 2019
Se qualcuno pensa che la vicinanza fisica non conti più nulla nell'era dell'economia globale e dell'iper-connessione della grande rete virtuale, si sbaglia clamorosamente. Dal punto di vista dello sviluppo, infatti, la mappa del mondo oggi non è fatta di Paesi ma di "isole" di crescita accelerata: al loro interno si concentrano le produzioni ad alta tecnologia ed a maggior valore aggiunto, si realizzano le innovazioni più rilevanti, si affollano i talenti migliori e le competenze più ricercate. Queste isole coincidono solitamente con aree metropolitane ad alta densità di popolazione dove occupazione, reddito e crescita della produttività sono considerevolmente più alti che altrove. In Italia, Milano ne è diventata negli ultimi anni l'esempio migliore.
Un brillante economista come Enrico Moretti ("La nuova geografia del lavoro", Feltrinelli, 2014) ha stimato che ogni posto di lavoro ad alto valore aggiunto nato in una di queste "isole" produce in media altri cinque posti di lavoro in settori tradizionali, localizzati nella zona immediatamente circostante. È la fotografia di un mondo che – cinque secoli dopo – sembra prefigurare una sorta di "nuovo Umanesimo" fatto di isole di sviluppo e di innovazione in serrata competizione tra di loro che oggi, proprio come ieri accadeva per le città-Stato, crescono attorno a reti di persone con elevate competenze ed alto potere d'acquisto.
È una prospettiva affascinante, ma non priva di rischi. Il lato oscuro del fenomeno è la polarizzazione estrema del mercato del lavoro tra professioni di alto valore – che beneficiano sempre più dell'ipercompetizione globale, dell'integrazione internazionale e dell'adozione di nuove tecnologie – e vecchi lavoratori e giovani interpreti di "vecchi lavori", che a causa della concorrenza delle macchine e dell'intelligenza artificiale rischiano di perdere sia il posto di lavoro che ogni possibilità di reimpiego. Ciò genera disuguaglianze economiche e lacerazioni sociali, politiche e persino culturali, che cresceranno esponenzialmente nei prossimi anni.
Nella storia dell'umanità, il merito ha sempre disegnato un confine netto tra vincitori e sconfitti. Ma non è in alcun modo desiderabile un mondo in cui i secondi non hanno più alcuna possibilità di passare nell'altra categoria.
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@FFDelzio
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