mercoledì 28 ottobre 2020
Ci sono domande che ci fanno paura, e magari non lo dovrebbero. Ci sono interrogativi che non ci richiedono unicamente delle informazioni, più serie o più banali che esse siano, che siamo educatamente disposti a fornire, ma quella concreta verità di noi che ci costa riconoscere. Ci sono indagini che non solo solamente tecniche, indirizzate alle nostre competenze e al nostro argomentare difensivo. Ci sono questioni rivolte a un territorio interiore fatto di silenzi, rinvii, stanchezze, sogni che si sono spenti senza lasciare spazio ad altri sogni. Mi torna in mente un piccolo fatto raccontatomi da un amico. Uno di questi giorni, mentre riportava a casa da scuola la figlia, lei con i suoi quattro anni gli ha domandato: «Papà, i grandi sono felici?». Lui si è preso la bambina in braccio ed è riuscito soltanto ad abbracciarsela stretto stretto, a lungo. «Se rispondo, scoppio a piangere», si diceva tra sé e sé. Aiutaci, Signore, a cogliere l'importanza delle domande che ci destabilizzano, invece di diventare, con l'età adulta, dei professionisti della fuga.
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