«Il bambino, crescendo non cessava mai di fare domande. Anche quando diventò un uomo andava intorno a chiedere questo e quello. Siccome nessuno gli rispondeva, si ritirò in una casetta in cima a una montagna e tutto il tempo pensava delle domande e le scriveva in un quaderno, poi ci rifletteva per trovare la risposta, ma non la trovava. Per esempio scriveva: «Perché l'ombra ha un pino?». «Perché le nuvole non scrivono lettere?». A scrivere tante domande gli veniva il mal di testa, ma lui non ci badava. Gli venne anche la barba, ma lui non se la tagliò. Anzi si domandava: «Perché la barba ha la faccia?». Insomma era un fenomeno. Quando morì, si scoprì che fin da piccolo si era abituato a mettere le calze a rovescio e non era mai riuscito una volta a infilarsele dalla parte giusta, e così non aveva mai potuto imparare a fare le domande giuste. A tanta gente succede come a lui...». Ha scritto queste parole un uomo che inventava filastrocche, ed era capace di raccontare le cose ai più piccoli come nessun altro. A loro diceva: «Bambini, imparate a fare le cose difficili: dare la mano al cieco, cantare per il sordo, liberare gli schiavi che si credono liberi...». Fosse ancora vivo oggi, avrebbe cento anni e un'altra poesia da regalarci. Gianni Rodari, uno che ci manca.
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