Ritorno al futuro. Potremmo sintetizzare così l'orientamento trasversale che sta emergendo nei programmi per le elezioni del 4 marzo. Perché per la prima volta dopo decenni, come sta rilevando l'iniziativa di "Avvenire" che fa seguito al discorso di fine anno del presidente Mattarella, il focus delle agende politiche si sta spostando dalla gestione del presente alla progettazione del futuro. È come se il Paese si stesse finalmente risvegliando dal triplo (durissimo) colpo subìto a causa dell'irrompere della globalizzazione, di vincoli europei divenuti insostenibili, della crisi economica più lunga della storia contemporanea. Con una conseguenza politica: gli italiani chiedono oggi ai partiti risposte concrete soprattutto a tre grandi questioni – il lavoro, i giovani, la natalità – accomunate dalla capacità di superare il quotidiano e di riportare l'Italia in asse con le caratteristiche migliori della sua constituency.
Non avendo mai avuto risorse naturali a disposizione, infatti, l'Italia ha sempre fondato le sue fortune sul lavoro: dall'innovazione di prodotto delle piccole imprese alle abilità manuali di artigiani e operai, ereditate dalle botteghe rinascimentali. Eppure, negli ultimi decenni, le scelte della politica hanno seguito una direzione opposta. Il lavoro è stato "massacrato" dal fisco spostando la grandissima parte del carico sui redditi da lavoro dipendente, favorendo le rendite finanziarie e tutelando i grandi patrimoni. Un dato per tutti: oggi il cuneo fiscale sui redditi da lavoro è superiore di 10 punti alla media Ue e di 12 punti alla media Ocse. Un divario inaccettabile, cui tutte le forze politiche oggi sembrano voler porre rimedio.
Riportare il lavoro al centro dell'agenda vuol dire risolvere, in parte, anche l'emergenza-giovani. Lo dimostra la convergenza sul punto tra la Confindustria di Boccia, che da mesi propone al Governo di investire tutte le risorse disponibili sulla decontribuzione delle assunzioni di giovani, e le forze sindacali. Ma analizzando la situazione a monte, si scopre che oggi in Italia la condizione dei giovani è resa più difficile e più "arida" da tre grandi anomalie: la mancanza di strumenti che consentano loro di cercare un impiego in modo trasparente, senza ricorrere a raccomandazioni e reti familiari (come dimostra il fallimento dei Centri per l'Impiego, che gestiscono solo il 3% delle assunzioni), l'estrema difficoltà dei nostri ragazzi nel costruirsi una "vita propria" emancipandosi dalla famiglia d'origine, il gap tra scelte universitarie e opportunità di occupazione. Per affrontare queste anomalie, serve un piano complessivo di valorizzazione dei nostri ragazzi che includa anche la riforma del collocamento pubblico e dell'orientamento al lavoro.
È interessante notare infine come le politiche per la natalità, il terzo vitale capitolo di questo "ritorno al futuro", siano state poste come priorità assoluta (con grande determinazione) dalle uniche due leader femminili in campo – Giorgia Meloni e Beatrice Lorenzin – e che da Fratelli d'Italia in particolare siano state proposte misure efficaci come la gratuità degli asili-nido. Sullo sfondo rimane il grande nodo dell'introduzione, anche in Italia, del quoziente familiare: sarebbe la spinta più potente alla ripresa della natalità. Un nodo che dovrebbe essere interesse di tutti partiti sciogliere al più presto.
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