«Dobbiamo concepire due Stati nel nostro animo» (Seneca, De Otio, 8, 4)
Poiché recentemente gl'italiani hanno espresso il loro voto sulla necessità di trasformare o meno lo Stato in una nuova forma, e giacché vedevo tutta la popolazione a lungo dividersi in opinioni discordanti, mi sono spesso, anche senza volerlo, ritornate in mente quelle parole, ossia che sarebbe realmente ottimo quello Stato a cui bastassero poche leggi. Indubbiamente i cittadini, quando avvertono che qualcosa nella condizione precedente è corrotta, o s'accorgono che per qualche ragione sia d'ostacolo, cercano di sostituire le vecchie istituzioni con nuove leggi; e anzi, dopo aver cambiato il vecchio stato di cose, credono che automaticamente s'elimineranno le cause dei mali. La cosa però, a meno che le cause dei mali non siano strettamente connesse con quelle trasformazioni, quali che siano, di solito non va affatto secondo le intenzioni; per cui avviene che a una grande speranza segue una maggiore delusione relativa alla politica. Ora, qualunque sia l'esito delle elezioni, non è di questo che voglio parlare. Non sono a tal punto pazzo, infatti, da negare che in Italia debbano essere introdotte nuove leggi, o che il modo con il quale esse vengono fatte debba essere curato nei minimi dettagli. Il mio discorso, tuttavia, riguarda il fatto che ritengo la salvezza dello Stato stare non nella varia promulgazione di leggi, ma in una sua forma giusta e saggia. Vediamo infatti regni, governati da un solo sovrano, che poterono fiorire beati; e tuttavia non sono mancate libere repubbliche, temperate da un amplissimo consesso di senatori e dalla concordia, delle quali si potrebbe, con difficoltà, trovar qualcosa di meglio. Ovviamente differivano moltissimo per forma e costituzione, tuttavia in entrambe le forme di governo avvenne che le leggi fossero state scritte con somma equità e osservate con massima giustizia. Quindi prima di tutto bisogna cercare la giustizia, senza la quale qualsiasi istituzione dello Stato necessariamente sarà nulla. «Ma da dove – dirà qualcuno – verrà quell'osservazione della giustizia, se non dalle corrette istituzioni dello Stato?». Certamente, se qualcuno dicesse ciò, sembrerà che siamo precipitati in ciechi errori. Ma chiunque adduce tali cavilli si dimentica (per Ercole!) che gli Stati sono conformati da leggi, però constano di uomini che, finché potranno discernere il giusto dall'ingiusto, il turpe dall'onesto, verranno in aiuto alla salute pubblica.
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