«Allora tu promuovi il mio, e io il tuo. Una mano lava l'altra, come si dice». «E che facciamo di quel seccatore, quel giovane lì, che dopo aver fatto moltissime ricerche per anni, i risultati delle sue investigazioni, divulgati a stampa ovunque, li ha diffusi e sparsi non solo nel nostro Paese, ma anche in riviste d'alto livello straniere? Sai bene infatti che s'è presentato al concorso, dando quasi per iscontato che, carico com'è d'un fardello di sapere e d'opere così pesante, ne sarebbe uscito vincitore, dato che in questo campo ha già conquistato una posizione di riguardo per unanime consenso nei circoli scientifici di professori d'altre nazioni d'Europa e d'America». «Che vada alla malora, che se ne vada a quel paese! Ti sei forse dimenticato di quante volte abbiamo provato a ridurlo alle nostre tacite norme, di quanto spesso abbiam voluto senza successo fare in modo che si mostrasse accondiscendente a noi e al nostro modo di procedere? Non ha mai voluto adattarsi ai nostri sistemi, collaudati ormai da tempo immemorabile, adoperati da innumerevoli altri prima di lui; non ha mai voluto obbedire ai nostri ordini, mai voluto sottomettersi a noi con un po' di modestia, come deve fare chi non è ancora arrivato alla cattedra. Ha risposto con superbia che i nostri sistemi sono indegni d'una persona per bene: e vada a morire, allora; che c'importa? Sia d'esempio a chiunque altro da ora in poi rifiuti d'entrare nelle nostre clientele e d'essere giudicato secondo i nostri criteri!». «Hai mille volte ragione. D'altro canto sarebbe proprio strano, se a quell'altro fedelissimo giovane portaborse, che già da alcuni anni mi serve con grande reverenza, che scrive molti articoli al mio posto, ma a mio nome, che frequenta assiduamente le biblioteche per spulciar libri utili a me, che mi scarrozza di qua e di là a mio piacimento con la sua automobile, preferissi questo giovincello, la cui unica virtù è che ha studiato con una certa diligenza la nostra disciplina, ha imparato molte cose da sé stesso, ha fatto molte scoperte forse non disprezzabili per l'umanità… Cose certo di nessuna importanza in quest'alma madre dei nostri comodi e vantaggi; al cui petto nutriti siamo potuti arrivare alla nostra pingue condizione, della quale finalmente, dopo lunga servitù, godiamo beati, come fossimo giunti in un porto di quiete, dopo una lunga navigazione per molti mari turbolenti!». «Che dici? Di quale “giovane” vai cianciando? Ormai, mentre tu badavi ad altro, è quasi arrivato alla vecchiaia, magro da far paura, perduta quasi la vista, la schiena piegata e contorta, fugge dalla luce quant'altri mai, debole di nervi, dalla voce tremula; il suo passo ora s'accelera, ora ritarda: assomiglia più a un vecchio decrepito con un piede nella fossa, che a un giovane: ma ti sei dimenticato che t'ha fatto da servo ormai per trent'anni?». «Bisogna prima servire se si vuol regnare! Questa dev'esser sempre l'aurea norma del nostro agire!». Quando abbiam letto nei giornali che tali o simili sono stati i discorsi dei “professori” nelle università prima dei concorsi a cattedra, c'è venuto in mente che chi non ha alimentato in sé quel canone interiore, sul quale scrisse pagine immortali Gian Vincenzo Gravina, non sarà frenato da nessuna legge, e nessuna pena potrà trattenerlo dal male.
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