giovedì 15 febbraio 2018
Quand'ero ragazzo, non solo mia madre e le mie sorelle, ma anche tutte le altre donne si velavano il capo nell'entrare in chiesa. Aveva infatti scritto l'Apostolo delle genti: «Qualunque donna che prega senza velare il capo, deturpa il suo stesso capo» (1Cor 11, 5). A quei tempi era un segno di rispetto e di venerazione; in maniera uguale e contraria, per gli uomini scoprirsi la testa era un'unica cosa col rispettare e mostrare stima verso gli altri. Per questo stesso motivo san Paolo aveva ordinato agli uomini che in chiesa e mentre pregavano non coprissero in nessun modo il proprio capo. Ma quando i missionari, giunti fino alle remotissime regioni del Malabar, cominciarono a diffondere il verbo divino presso quei popoli, s'accorsero che gli abitanti di quelle terre avevano un'abitudine contraria: per gli uomini era segno di rispetto coprire il capo, per le donne, invece, scoprirlo, se per caso l'avessero avuto coperto. Allora i vertici della Chiesa, con gran saggezza, stabilirono che in quelle regioni bisognasse osservare costumi diametralmente opposti e contrari ai nostri. Infatti ritennero a buon diritto che non il simbolo per sé, ma ciò ch'esso mostra e significa avesse peso e importanza. Quando io ero un bambino, in tutte le cittadine e i paesini di campagna d'Italia, specialmente al meridione, le donne, e prima di tutte le donne anziane, eran solite coprire la testa ogni volta che uscivano a camminar per istrada; anzi, anche quando stavano sedute a casa senza far nulla o intente ai loro lavori. Nessuno pensava che quell'abitudine e quel modo d'abbigliarsi significasse che le donne fossero oppresse, che gli uomini le tenessero assoggettate e le ritenessero inferiori: non pareva altro se non un segno esteriore d'una modestia interiore. Se uno avesse tentato di togliere o di strappare quel velo, anziane indignate, donne d'animo coraggioso, candide fanciulle sarebbero insorte tutte assieme, gridando a una voce: "Ma che violenza è mai questa? Perché vuoi tanto rifiutare e disprezzare il costume dei nostri antenati, da arrecarci una tale offesa? Tu fa' pur quel che ti piace: e consenti a noi di seguire la nostra consuetudine!" A nulla sarebbero valsi i discorsi, a nulla anche le più dolci parole: avrebbero difeso ostinate il loro velo, tenendo pressoché per certo che in esso risiedesse la loro virtù. Sbagliavano? Lo giudichino altri; ma a me, quando vedo che gli insegnanti nelle scuole, i giudici nei tribunali, i poliziotti pure in mezzo alla strada costringono povere donne, anche assai ben consapevoli della loro vita e liberissime (come quell'avvocatessa ch'è stata cacciata dal tribunale di Bologna, dopo che le era stato proibito d'esercitare la sua professione con dignità), a toglier dal capo il velo, che per loro è segno di decoro, di bellezza, d'onorabilità, comincio a chiedermi con forza se veramente vogliamo difender la libertà o non piuttosto soltanto imporre con ostinazione agli altri i nostri pregiudizi.
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