Nel 1997 un imprenditore illuminato come Alberto Falck fonda AIDAF, l'associazione che in Italia si occupa del "Family Business", un fenomeno che nel nostro Paese interessa l'85% delle aziende e il 70% del fatturato totale. E non parliamo solo di piccole imprese ma di ben il 60% delle aziende quotate nel mercato azionario, con 5 di loro tra le 10 aziende più longeve al mondo. Un fenomeno dunque che per vastità e rilevanza meriterebbe un approfondimento a parte, così come l'Associazione si propone di fare fin dalla sua nascita. Ma quali sono i tratti salienti di questo universo? Perché oggi alcune aziende familiari italiane sono tra le più "generative" tanto da essere studiate anche in prestigiose università americane?
Chi mi aiuta ad indagare questo tema importantissimo è Pina Amarelli, presidente dell'omonima azienda, famosa per aver portato in tutto il mondo la liquirizia calabrese, facendone conoscere la bontà e le proprietà. Una donna che riassume in sé il piglio e l'energia tipiche di ogni imprenditore ma, per l'appunto, anche la sensibilità e la gentilezza di una madre di famiglia. «La nostra azienda – mi racconta – nasce nel 1731 qui, a Rossano Calabro, una terra difficile ma nel contempo ricca di mille opportunità da scoprire e sviluppare con cura, proprio come Amarelli fa da oltre 300 anni con la pianta della liquirizia. Oggi rappresentiamo l'undicesima generazione alla guida dell'azienda ma, nonostante questo, resta viva in noi la cultura contadina tipica di questo territorio che insegna l'accettazione dell'imprevisto ma anche la resilienza e la perseveranza necessarie per arrivare ad un nuovo raccolto. La pianta della liquirizia ci aiuta a coltivare questi valori, perché nascendo spontanea sottoterra, quasi nascostamente, ha un suo ciclo negli anni da dover rispettare per poter essere trasformata e divenire quel prodotto particolarissimo che conosciamo».
L'eco di questa tradizione secolare che abbraccia perfettamente il concetto di azienda/famiglia è forte e ben ravvisabile nel bellissimo Museo della liquirizia "Giorgio Amarelli", il secondo museo d'impresa più visitato in Italia dopo quello della Ferrari, dove viene raccontata perfettamente questa "storia d'amore" tra un territorio e una famiglia che ha saputo dare vita ad un'impresa che oggi prosegue ad essere punto di riferimento importante per questa terra, divenendone rappresentante in tutto il mondo. «Da sempre abbiamo voluto lavorare su questo equilibrio perché per noi l'impresa rappresenta una famiglia che si "allarga" a chi collabora, sia all'interno che all'esterno. I risultati conseguiti negli anni derivano soprattutto da questo "patto" che nel tempo abbiamo stretto con il territorio e le istituzioni, i collaboratori e i fornitori e questo ha generato un senso di appartenenza che si è tramutato in una responsabilità concreta verso quel "bene comune" che tutti sentono come proprio. Un modo di fare economia quasi "circolare" in cui l'azienda è un elemento cardine del sistema ma non l'unico. Credo che molte aziende familiari adottino da sempre i dettami della "Responsabilità sociale d'impresa", in maniera forse più inconsapevole ma autentica e profonda».
Visitando il Museo è bello vedere e toccare con mano come questa passione, unita alla capacità imprenditoriale, abbia permesso all'azienda di rappresentare un'eccellenza dal 1700 fino ad oggi. Resta però una domanda che riguarda il futuro: quali sono le sfide per un'impresa così ricca di tradizione e di valori? «Nel corso della sua storia la famiglia Amarelli ha avuto figure illustri che hanno saputo interpretare i segni dei tempi: penso alle scelte sulla Governance compiute da Giuseppina Amarelli o a quelle sulla produzione di mio suocero», fino alle intuizioni di successo - aggiungo io - volute e introdotte proprio da lei nel packaging e nella comunicazione. «Credo che il nostro punto di forza sia stato la capacità di innovare grazie ad una cultura d'impresa solida sviluppatasi chiaramente all'interno della famiglia ma anche tra i collaboratori e nel territorio e se penso a noi domani penso ad un'azienda che proseguirà a fare sviluppo grazie anche alla sua capacità di guardare insieme al passato, ai nostri "primi" 300 anni». «Siamo dei nani sulle spalle dei giganti che ci hanno preceduto» suggeriva Einstein quando pensava al futuro; a questo penso anch'io mentre lascio Rossano inseguito dal quel profumo di Mediterraneo che la Calabria sa donare.
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