La ricorrenza di oggi la festeggerò stando di fronte a due donne, che sono diventate una voce sola (Guenda), ossia la storia che Lucia Ravera ha dipanato nel libro “Io, Guenda e Il Gene Matto”. Un libro che stasera alle 18 debutta con una presentazione di sole donne all’Università Cattolica (cripta Aula Magna). Ed è un libro a due voci che si intervallano nel racconto di una vita: Lucia voce narrante e Francesca Settimi, architetto, aggredita da un tumore raro (il gene matto), che l’ha portata a subire 25 interventi. Ma la svolta della vita avviene proprio in ospedale, quando decide con un’amica che non può essere il gene matto ad avere l’ultima parola. E si iscrive alla scuola per diventare Cordon Bleu, a Parigi; quindi apre una sua scuola di cucina per stranieri, nella sua casa di Colazza, sul lago Maggiore (Cook on the lakes), dove mette in pratica la coltivazione sinergica per dare vita ai suoi orti naturali. Francesca l’ho conosciuta solo cinque anni fa, durante un viaggio per conoscere una famosa pasticciera dell’Alsazia, e ciò che mi ha colpito di lei è stata la forza evocativa della terra, del gusto, che diventa richiamo potente alla propria origine e al dono che ciascuno di noi rappresenta. In questi cinque anni, se penso a Francesca, ricordo solo gioia: a tavola nella sua casa in mezzo al bosco; dal telefonino mentre manda messaggi di speranza, in attesa di un intervento; in giro per l’Italia a provare quella cucina che sfugge all’omologazione gourmet e diventa autentica; durante una sessione di assaggi di riso, perché lei è pure sommelier del riso. Però Francesca, ai miei occhi, rappresenta anche la persona che durante il percorso travagliato di una vita, arriva al dono inaspettato della fede, come se fosse il frutto di un fiore che sboccia a primavera da una terra dura, ma emerge grazie agli alimenti che lei trova durante il cammino: le relazioni, il gusto, la terra, il dolore, ma anche la gioia. Potrei dire che questo libro è un incredibile percorso di consapevolezza, che apre le finestre alla gratitudine per la vita, qualunque essa sia. Per cui l’appello di questo 8 marzo è al desiderio di non rassegnarsi mai, guardando proprio la forza della donna. Lucia Ravera, cronista di una storia che accade, chiude scrivendo: «A te si è dichiarato il Tutto. E in quell'epifania, lo senti, ti sei salvata. È questa la tua finestra affacciata al domani. Credere che dietro, oltre, dentro la miracolosa energia umana ci sia l’orchestrazione sapiente di Qualcuno o Qualcosa di Immenso. Possiamo chiamarlo come ci pare, mi hai detto. Per te è Dio. Finalmente lo sai».
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