Nella corsa verso la sostenibilità dell'intero mondo occidentale, l'Italia porta sulle spalle notevoli ritardi che vanno colmati rapidamente. È quanto emerge da un prezioso position paper realizzato da Ambrosetti per conto di A2A: si tratta di un settore decisivo per concretizzare il Green New Deal voluto dalla Commissione Ue, perché fornisce ai cittadini servizi essenziali che coprono ben 9 dei 17 obiettivi di Sviluppo sostenibile dell'Agenda Onu 2030. Dallo studio – che misura lo "stato dell'arte" nel nostro Paese su sviluppo delle energie rinnovabili, gestione circolare dei rifiuti ed efficienza del ciclo idrico – emerge un quadro preoccupante: una mappa dei "bisogni urgenti di sostenibilità" che, nel mondo ideale, dovrebbe rappresentare la base della versione italiana del Recovery Plan. In particolare, nell'ambito dell'obiettivo europeo di diventare "climate neutral" entro il 2050, l'Italia ha fissato al 2030 il traguardo del 30% di energie rinnovabili nei consumi finali. Ma proiettando in avanti il trend di sviluppo nazionale delle rinnovabili degli ultimi 5 anni, il nostro Paese non riuscirà a raggiungere l'obiettivo: mancheranno ben 7 punti percentuali di energia proveniente da fotovoltaico ed eolico, a causa di iter autorizzativi troppo lunghi e complessi per l'installazione di nuovi impianti (servono oggi fino a 8 anni per completare il processo autorizzativo) e il potenziamento di quelli esistenti. L'Italia sta accumulando un notevole ritardo anche sul fronte della gestione sostenibile dei rifiuti. Mentre Germania e Paesi del Nord Europa hanno già raggiunto l'obiettivo di eliminare il conferimento dei rifiuti in discarica, nel nostro Paese si ricorre a questa strada obsoleta e inquinante ancora per il 21,5% dei rifiuti. E ben 13 Regioni italiane satureranno le discariche entro la fine del 2020, rendendo ancora più evidente il deficit di termovalorizzatori e raccolta differenziata. Anche nel ciclo idrico siamo in grande affanno. L'Italia ha il record negativo in Europa per spreco di acqua, a causa della vetustà e dell'inadeguatezza della sua rete idrica, con un tasso di dispersione del 47,9% dell'acqua prelevata (contro una media europea del 23%) e con picchi drammatici come il 66% della Basilicata e il 62% del Lazio. Non è un caso: oggi l'Italia è in fondo alla classifica europea per investimenti nelle infrastrutture idriche e il livello molto contenuto delle tariffe (la metà di quelle francesi e il 40% di quelle tedesche) ha l'effetto di de-responsabilizzare il consumo in un Paese fortemente idrovoro. L'Italia ha urgente bisogno di una "scossa sostenibile". A questo dovrebbero servire, in primis, progetti e risorse del Recovery Fund: peccato che una fitta coltre di nebbia continui a circondare i dettagli del piano. Ma se in questa fase ci sono già progetti concreti e definiti, non solo titoli di slides, sarebbe doveroso per il Governo aprire un confronto pubblico.
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