La letteratura islandese si nutre di saghe gustose come quella calcistica dei Guðjohnsen: papà Arnór e suo figlio Eiður. Arnór, classe 1961, il primo vero prodotto calcistico esportato dalla terra meno abitata (334mila abitanti) presente ai Mondiali di Russia. Guðjohnsen senior, partendo da quest'Isola di pescatori, falegnami e canta fole, è riuscito a fare del calcio un mestiere. In Belgio tutti lo ricordano: è stato il primo islandese a conquistare la corona di capocannoniere con la maglia dell'Anderlecht. Una carriera impreziosita da quasi vent'anni di militanza nella sua nazionale (record di presenze, 88) che gli strappò un pianto commovente in diretta tv. Il 19 novembre 2013, “Iceman” si sciolse in lacrime costretto a commentare la sconfitta ai playoff contro la Croazia che aveva spazzato via il sogno dell'Islanda giunta a un passo dal suo primo Mondiale (Brasile 2014). Quella sera in campo c'era suo figlio Eiður, ex pupillo di Mourinho al Chelsea, capace di superare il maestro paterno: con 26 reti Eiður, è il recordman dei bomber dell'Islanda. L'Isola del pallone, dove la moltiplicazione dei campi di calcio ha ridotto al minimo una piaga nazionale come l'alcolismo giovanile e fatto sbocciare nuovi talenti. Così la saga dei Guðjohnsen continua con i nipoti di nonno Arnór, i figli di Eiður: il 19enne Aron, buon attaccante del Breidablik Kópavogur e il piccolo Daniel Tristan, 12 anni, già la stellina della “cantera” del Barcellona.
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