La responsabilità di mettere un like non riguarda solamente i cristiani
mercoledì 20 marzo 2019

A due settimane esatte da quando è stata pronunciata – era nell'omelia per il Mercoledì delle Ceneri – merita di essere rimeditata l'affermazione di monsignor Spreafico, vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino, a proposito di un gesto abituale nell'ambiente digitale, e cioè l'approvazione, con un like, di un insulto o di una cattiveria. «Per noi cristiani è un peccato che va riconosciuto e confessato». Il sito ( tinyurl.com/yys8lf44 ) e la pagina Facebook della diocesi hanno pubblicato, nei giorni successivi, una breve rassegna dell'eco mediatica che quelle parole hanno suscitato, ma non mi pare che finora, in tali riprese, si sia andati più in là del tentativo di suscitare la curiosità dei lettori intorno all'accostamento tra un gesto percepito come poco impegnativo – ovvero manifestare, con il click su un'icona, una nostra reazione, tendenzialmente emotiva, a una notizia o un commento altrui – e un gesto percepito come molto impegnativo, come il compiere l'accusa dei peccati all'interno del sacramento della riconciliazione.

Invece quell'affermazione – che peraltro giunge nell'omelia come un inciso, per esortare a condividere non il male ma il bene, e a farlo, come raccomanda il Vangelo del giorno, con umiltà e non con esibizione di sé – chiama in causa un aspetto del vivere digitale che non riguarda solo i cristiani e le loro confessioni sacramentali ma tutti quanti, e siamo tanti, oggi diventati prosumer, ovvero a un tempo produttori e consumatori di notizie. Si tratta della responsabilità che ci prendiamo non solo se pubblichiamo un contenuto – come instancabilmente ripetiamo ai nostri ragazzi, a proposito soprattutto di quelle immagini che dovrebbero appartenere alla più profonda intimità –, non solo se lo rilanciamo ma persino se ci limitiamo a illuminare, con un emoticon, un contenuto altrui, anche solo perché attratti dalla sua popolarità. Come diceva ancora il vescovo Spreafico nella sua omelia: «Non è detto che tutto ciò che è condiviso e apprezzato sia sempre il bene».

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