Sul tram 19, mezzo vuoto come sempre in questi mesi. Mi è caduto lo sguardo su un cappotto di loden addosso a una giovane donna che mi dava le spalle. I loden verdi, classici, sono fuori moda da anni: strano che una ragazza ne porti uno, ho pensato. Allora l'ho osservata meglio: alta, i capelli sulle spalle un po'spettinati, le dita lunghe e sottili delle mani. Il tram si è fermato e la ragazza è scesa. Dal finestrino l'ho seguita con lo sguardo. Un tuffo al cuore: somigliava moltissimo a me, a 18 anni. Sembravo anzi proprio io, che dopo oltre quarant'anni ancora, alle otto, andavo a scuola. Che sciocca sei, mi sono detta irritata. Ma quell' istante di stupore non se ne andava, e anche una certa corrusca tenerezza nel rivedermi com'ero, nel ricordare quanto sola mi sentivo. Avrei voluto, cedendo al gioco della somiglianza, fermare la sconosciuta, e parlarle. E ho immaginato parole affettuose: non avere paura, aspetta, un giorno capirai, avrai dei figli, vedrai. Ma, lo so, la diciottenne che io ero mi avrebbe guardato indifferente, non credendo a una sola parola. E infastidita, poi: chi è questa, si sarebbe chiesta, che mi guarda come mi riconoscesse? Una che mi ha scambiato per un'altra. Io non l'ho mai vista, e sono già in ritardo a scuola. Chissà da me, questa vecchia signora, che vuole.
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