Prego, mio Dio, questa vita, che tante volte sperimentiamo come un caos per il quale non esistono nomi possibili. Io mi sento come un bambino quando, nel buio della notte, non gli rimane che il grido. Ma il grido è la forma fragile e intensa con cui la nostra vita esce in cerca di soccorso. Come un bambino, Signore, io mi sento esposto a cose più grandi di me, in balia di sorprese su cui non ho il controllo. Allora grido a te. Insegnami, Signore, che noi nasciamo anche in questo grido, che il tuo amore sa raccogliere trasformandolo in chiamata, in desiderio di presenza, in occasione per l'abbandono fiducioso alla tua volontà. Aiutami a scoprire quello che ancora io non vedo. Ravvicina, in me, il fango alla stella, il cuore fuori rotta alla sua orbita viva, la gioia introversa alla gioia rivolta verso l'esterno, il mio pane al pane di tutti. Spiegami che un'esistenza respira perché illuminata da ciò che essa attende. In verità apriamo gli occhi tutti i giorni, ma non quanto sarebbe sufficiente. Noi vediamo, scontenti, l'imperfezione e la pietra. Guardiamo con disgusto - in noi e negli altri - il rovescio e la cucitura. E non ci rendiamo conto che poter osservare il rovescio con amore diventa un prezioso apprendistato del cammino (e di un cammino che ci porta al presepio). Perché quello, esattamente quello che oggi noi percepiamo come pietra, Dio viene a insegnarci a trasformarlo in stella.
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