Èsempre sorprendente quando qualcuno riconosce la disparità tra il proprio cammino di vita rispetto a quello degli altri. Non per un senso di autoflagellazione imposta, ma per considerare, come diceva l'Apostolo, «gli altri superiori a se stessi», che è una buona strada per avere una giusta considerazione del proprio io. L'inglese Tony Hendra, autore di Padre Joe (Mondadori), a un certo punto lo riconosce: «I pagani senza cervello con i quali passavo il mio tempo avevano più moralità di me. Certo, si sfruttavano a vicenda, certo, facevano del male alla gente senza neanche rendersene conto, ma perlopiù erano alla cieca ricerca del bene, si scavano la strada come talpe nel terreno in direzione della luce. Avevano capito da soli che pace e amore erano le uniche valute di qualche conto, nella vita. Mentre io, che avevo ricevuto le chiavi del regno, che avevo stretto in pugno la perla inestimabile, l'avevo gettata nel fango e calpestata con il tallone». Quanta verità in un'autorappresentazione che sfiora la brutalità verso il proprio essere! Anche noi, credenti, tante volte abbiamo gettato nel «fango» la perla preziosa della nostra fede, mentre chi non ha ricevuto il dono di credere doppiamente è meritevole della propria scelta morale di fondo, proprio perché non ispirata da un sentire religioso.
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