La storia è il tempo che vola senza riparare al bene non fatto e senza allontanare il male che ancora si farà" Eppure sappiamo che ogni destino si può capovolgere come con una pedata si rivolta un sasso, mettendo al sole quel che stava in ombra.
Ha un titolo suggestivo (e non iettatorio, come penserebbero alcuni) il libro postumo dello scrittore novarese-milanese Enrico Emanuelli, morto nel 1967: Curriculum mortis (ed. Feltrinelli) ammicca al più scontato "curriculum vitae" che speranzosamente molti aspiranti a un lavoro o a un miglioramento di carriera inviano a imprese, a enti e a personalità. Sì, c'è un addestramento e una "competenza" necessaria pure per la morte, tant'è vero che nella storia della spiritualità esistono testi antichi intitolati emblematicamente «Apparecchio alla morte».
E prepararsi a quell'evento così esorcizzato eppure così certo suppone anche seguire i consigli che Emanuelli offre nella citazione che noi abbiamo tratto dal suo libro. Ad esempio, cercare - mentre si è in vita - di «riparare al bene non fatto» e «allontanare il male» che si potrebbe fare. Ma l'immagine della pedata al sasso è forse più incisiva. Capita a tutti, camminando in campagna, di ribaltare con una pedata una pietra infitta nel terreno, ed ecco la sorpresa di scoprire sotto di essa, nell'umidità protetta di quello scudo, un formicolio di vita, di insetti, di semi, un microcosmo nascosto. Sopra c'era solo aridità, sotto c'era fermento. Così è l'esistenza umana: teniamo celate tante energie, atti, pensieri, doti che potrebbero dare frutto e spandere vitalità nel mondo. E, invece, restano solo un segreto e continuiamo ad essere freddi e aridi come la superficie del sasso, fino all'estremo confine della morte.
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