Infradito, bermuda e zanzare. Poche le zanzare. Una notte a Milano, d'estate. Avrebbe voglia di andare a dormire anche lei, questa città in canottiera. Ma non ci riesce: la notte per capirla devi attraversarla a luci spente. E aprire gli occhi su tutto, anche se non vedi niente. Per incontrare la notte devi stare in giro fino all'alba, poi però ti frega perché la luce arriva prima di averle stretto la mano: sappiamo poco di lei, siamo animali diurni. Il giorno ha occhi, la notte orecchie. Ha scritto Erri De Luca ("Il giorno prima della felicità") che «è bella di notte la città. C'è pericolo ma pure libertà. Ci girano quelli senza sonno, gli artisti, gli assassini, i giocatori, stanno aperte le osterie, le friggitorie, i caffè. Ci si saluta, ci si riconosce, tra quelli che campano di notte. Le persone si perdonano i vizi. La luce del giorno accusa, lo scuro della notte dà l'assoluzione. Nessuno chiede conto. È una tasca rivoltata di notte la città…». Forse Milano di notte è semplicemente di chi non sa morire. Devi amarla anche se non ti dà ragione, anzi quasi sempre te la toglie. E se la scansi e provi a ingannarla buttandoti in un letto prima che la luce torni, resti sveglio a chiederti: “Dove ho sbagliato?”. Poi una voce ti dice: “Questo ti ci vorrà più di una notte per capirlo”.
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