sabato 10 ottobre 2020
C'è sempre nel pensiero di ciascuno l'idea di una “età dell'oro” in cui tutto era perfetto, e a cui bisogna tendere. Un luogo ideale che sentiamo appartenerci, nel quale ogni cosa funziona come si deve e come è giusto. E poco importa – anzi, non importa nulla – se ciascuno sa in cuor suo che quell'età non esista, o non è quella idealizzata: l'importante è pensare che ci sia, magari solo per pensare di poterla un giorno raggiungere. In quest'anno segnato dal Covid, in modo molto più terra terra, la nostra età dell'oro sembra essere diventata quello che eravamo prima, quella normalità senza mascherina, senza distanziamento sociale, piena di bar, discoteche, ristoranti e vita sociale cui eravamo abituati. E a nessuno passa per la mente che si trattava di una «normalità malata», come ha detto papa Francesco due mercoledì fa. Una malattia che c'era già, e che la pandemia ha semplicemente «evidenziato», ed è per questo che questa può, anzi deve essere, l'occasione «per rigenerare» la società. Secondo Bergoglio «dobbiamo trovare la cura non solamente per il coronavirus, che è importante, ma anche per i grandi virus umani e socioeconomici». Perché dire «adesso torniamo alla normalità... non va, perché questa normalità era malata di ingiustizie, disuguaglianze e degrado ambientale. La normalità alla quale siamo chiamati è quella del Regno di Dio, dove “i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo”... E nessuno fa lo scemo guardando dall'altra parte: questo è quello che dobbiamo fare per cambiare». Nella settimana dell'uscita dell'enciclica Fratelli tutti, che nel riconoscimento della dignità altrui fissa il principio ineludibile della convivenza, questa affermazione suona come un mandato preciso. Perché Gesù è «presente nei nostri fratelli e sorelle poveri e sofferenti, a incontrarli e ascoltare il loro grido e il grido della terra che se ne fa eco. Interiormente mobilitati da queste grida che reclamano da noi un'altra rotta, reclamano di cambiare potremo contribuire al risanamento delle relazioni con i nostri doni e le nostre capacità». Solo questo infatti è «il gesto che fa andare avanti una società, una famiglia: darsi, dare, che non è dare un'elemosina, no, è darsi dal cuore». Così nella normalità del Regno di Dio «il pane arriva a tutti e ne avanza, l'organizzazione sociale si basa sul contribuire, condividere e distribuire, non sul possedere, escludere e accumulare: alla fine non ti porterai niente dall'altra parte». E non bisogna dare retta a chi continua a promettere che il benessere per tutti è proprio lì, dietro l'angolo. Del resto «non possiamo aspettarci che il modello economico che è alla base di uno sviluppo iniquo e insostenibile risolva i nostri problemi. Non l'ha fatto e non lo farà, perché non può farlo, anche se certi falsi profeti continuano a promettere “l'effetto a cascata” che non arriva mai. Avete sentito il teorema del bicchiere? È importante perché il bicchiere si riempia così poi cade sui poveri che ricevono ricchezze, ma c'è un fenomeno: il bicchiere incomincia a riempirsi e quando è quasi pieno cresce il bicchiere e cresce, cresce, cresce... E mai la cascata». Perché, appunto, non c'è nella nostra storia nessuna età dell'oro, nessun tempo in cui giustizia ed equità regolavano lo stare insieme degli uomini. C'è solo il Regno di Dio a cui tendere, quel «Regno di luce in mezzo all'oscurità, di giustizia in mezzo a tanti oltraggi, di gioia in mezzo a tanti dolori, di guarigione e salvezza in mezzo alle malattie e alla morte. Dio ci conceda di “viralizzare” l'amore e globalizzare la speranza alla luce della fede».
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