Gli algoritmi di Facebook si devono essere accorti che non mi limito a navigare, qui, le acque procellose dell'informazione religiosa, ma che talora mi rifugio nelle tranquille acque territoriali di altre isole dell'arcipelago fede-Rete-comunicazione. Come spesso capita nel mare (che sia di acqua o di bit), i confini sono infatti sempre più indefiniti.
Così, nell'ultimo mese, mi si sono affacciati sul “diario” due post sponsorizzati da WeCa, l'associazione dei webmaster cattolici italiani. Li avevo conosciuti alla nascita, inviato per conto de “Il Regno” a curiosare su come la Chiesa italiana, dall'alto ma soprattutto dal basso, sperimentava le possibilità che la Rete le dava per nuove epifanie; poi non mi era più capitato di frequentarli. Ed ecco che ora, scambiandomi per un parroco o puntando ai parroci miei “amici”, vengono loro a incontrarmi, proponendomi due tutorial: «Come far trovare la parrocchia su Google» ( tinyurl.com/jtkjjm7 ) e «Come realizzare un sito web per la mia parrocchia» ( tinyurl.com/htru5wr ).
I tutorial sono quel genere di video, divenuti molto popolari in Rete, nei quali qualcuno ti insegna qualcosa. Ce ne sono per ogni esigenza pratica e spesso ti cavano dai guai o ti consentono, nel fai-da-te, insperati salti di qualità, un tempo possibili solo se avevi uno zio tuttofare. Questi due germinano all'interno del blog di WeCa, nato da pochi mesi per implementare, se ben capisco, i rapporti orizzontali tra gli associati, e sono ben fatti, soprattutto quello per far trovare la parrocchia. Che significativamente è uscito prima (9 ottobre) dell'altro (30 novembre): a dire che conta di più rendere reperibile la tua parrocchia nell'ambiente reale che riuscire a renderla visibile nell'ambiente digitale (con un sito ben fatto e magari capace di rimontare le pagine di Google fino alla prima). Perché, dice il blog, Google va a ricoprire il ruolo che nell'ambiente fisico è del «campanile»: testimoniare «a chi la sta cercando sul web» la presenza di una comunità cristiana. Una metafora perfetta.