mercoledì 8 febbraio 2017
Bellissimo titolo, bellissima copertina per il nuovo romanzo di Nicola Lecca, I colori dopo il bianco (Mondadori, Milano 2017, pp. 192, euro 18). Bellissimo romanzo. C'è una ragazza, Silke, che a ventiquattro anni è ancora adolescente, schiacciata com'è da un padre banchiere autoritario (meglio: inflessibile fino al sadismo) e non difesa da una madre succube del marito, capace però di pensieri orrendi (quando il marito è temporaneamente infartuato la signora «in lontananza guarda un punto fisso nel buio e pensa che, forse, se suo marito morisse, lei potrebbe finalmente essere libera»).
La città è Innsbruck, implacabilmente ordinata, crocifissa all'ortogonalità delle sue facciate che nascondono dolori inconfessati e rimorsi mai sopiti, in un groviglio di regole che assillano Silke, «circondata dalle menzogne e attorniata dai segreti».
Cacciata di casa per una colpa che si rivelerà oggettivamente lieve, ma che aveva compromesso l'onorabilità della famiglia, Silke fugge dalla confortevole villa di famiglia a Bad Gastein in cui era confinata e si reca a Marsiglia: vuole andare «nella direzione opposta» rispetto a ciò che la sua vita era stata finora. Peraltro, è ben fornita di denaro.
Marsiglia è veramente l'opposto di Innsbruck, col suo disordine, con la sua vitalità variopinta, la sua accoglienza multietnica: Marsiglia rende impossibile la solitudine, «sostituendo alla monotonia del bianco l'infinita coloratura del caos» (da qui il titolo). Ma la città è anche violenta, come ben presto la ragazza sperimenterà, vittima di uno scippo con trascinamento sull'asfalto che le lascerà ammaccature anche sul viso.
Sarà Murielle, la sua vicina di casa nordafricana che lavora in una struttura di recupero delle ex prostitute (lo era stata lei pure), a curarla maternamente e a farle scoprire la libertà di essere sé stessa. Inoltre Murielle ha un figlio diciottenne, Didier, ladruncolo per necessità e atleta col sogno di partecipare alle Olimpiadi, bellissimo, e Silke se ne innamorerà.
Non voglio però raccontare la trama, mi interessa la struttura e la lingua del romanzo. Lecca, lo sappiamo dai precedenti romanzi (Hotel Borg, 2006; Il corpo odiato, 2009; La piramide del caffè, 2016), racconta per capitoli brevi, con espertissimo montaggio di eventi accaduti in tempi e luoghi diversi, intrecciando le storie dei personaggi in un flusso narrativo che in nessun momento smarrisce l'azimut verso cui tende.
Lecca aderisce alle cose, descrive Marsiglia nelle sue strade, nei suoi negozi, nel mercato del pesce, nei suoi bar e nella metropolitana, ma le cose ricevono l'esistenza dal loro nome: «I profumi più intensi provengono dalle antiche torrefazioni e dalle drogherie affollate da sacchi di cedro candito, maraschini, datteri, mandorle, cardamomo, menta, scorza di bergamotto macinato a pietra, foglie di ortica, cannella, pepe di ogni sorta, sesamo, noci di macadamia, uva sultanina, mostarda, polvere d'alloro e timo libanese». Non sembra di sentirne gli aromi?
Quanto ai personaggi, c'è la vecchia gattara che, come una fata buona, insegna a Silke a non aver paura della vita; c'è, in un inciso, l'istitutrice della casa famiglia a cui Didier per un certo tempo era stato affidato, che fa scoprire al ragazzo la saggezza delle piante, e il dodicenne, abbracciando un tronco di Catalpa, scoprirà la vita e la morte insieme.
I colori dopo il bianco è anche il romanzo di un città. «Marsiglia ascolta e si emoziona», leggiamo nelle ultime righe. E qui si aprirebbe un discorso sulle emozioni, di cui il romanzo è intriso, come delle dettagliatissime ricette dei dolci eccellenti che Murielle confeziona (cibo, amore, felicità: altra linea di ricerca): «Con le dita infragilite dall'emozione»; «Da tempo desiderava regalarle un'emozione»; «Silke vorrebbe emozionarsi»; «È emozionata e comincia a respirare il più profondamente possibile», eccetera. Bisognerebbe indagare il rapporto tra emozione e sentimento. Aspettiamo Nicola Lecca al prossimo romanzo.
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