Durante il convegno dei giornalisti europei tenuto a Trento alcuni giorni fa, dopo gli interessanti interventi che rispondevano alla domanda iniziale «Quo vadis Europa?» è apparsa su un grande schermo la figura del vicesindaco di Lampedusa. Sembrò che le opinioni di coloro che avevano preso fino ad allora la parola per dare rilievo alle difficoltà di una difficile accoglienza di profughi nel nostro paese, perdessero quell'angoscia ed anche quell'avversità che spesso dimostriamo di fronte a tale problema. Il viso serio, ma sereno di quest'uomo che descriveva il proprio dovere di salvare vite umane con parole pacate, quasi disadorne, portò un silenzio nella sala quasi si parlasse di un altro mondo, e di un differente problema. «Dobbiamo aiutarli, non possiamo mandarli indietro», diceva e nel suo sguardo sembrava di vedere il grido di aiuto di chi stava per perdere la vita fra le onde del mare. Nelle sue parole viveva la carità piuttosto che la preoccupazione del proprio e del loro futuro. Allora sulle situazioni politiche ed economiche dei propri paesi portate alla conoscenza e alla meditazione dei presenti, sembrò che per un attimo una luce di fraternità riuscisse a dare risposta agli immensi problemi che una tale varietà di etnie trascina con sé.L'emigrazione di popoli al di fuori della nostra cultura che cercano salvezza in una Europa immaginata capace di distribuire ricchezza e facile accoglienza, hanno portato alcuni paesi europei ad alzare muri e filo spinato. La nostra fragile Unità non era pronta ad affrontare un tale problema né ha leggi comunitarie sufficienti per una equa soluzione. Questa associazione di giornalisti europei si muove da tempo con fede e fiducia per tenere alte le ragioni di una Unione che ha ancora il compito di recuperare valori e principi costruttivi affinché la nostra patria Europa abbia un futuro da valorizzare e da costruire, senza rinchiudersi negli egoismi nazionali. Se non si riuscirà a trovare in accordo un programma condivisibile di fronte a questa che appare come una invasione senza fine, i popoli europei che tanto hanno lavorato per istituire una patria comune, si perderanno nel risolvere i problemi domestici invece di affrontare quelli comunitari. Gli uomini politici di oggi hanno un compito durissimo, quello di continuare sulla strada di una comunità dove non solo regole economiche abbiano valore, ma finalmente con una maggiore collaborazione si arrivi con determinazione all'unità politica. Non ci sono altre strade per la nostra salvezza.
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