Se l'informazione ci viene da internet, è da “alternet” che ci viene la meditazione. Chiamo “alternet” la rete formata da persone non-connesse, che entrano in contatto tramite un contatto reale, e cioè in una prossimità spaziale, prendendosi il disturbo di andare l'una incontro all'altra, staccandosi dagli apparecchi, fisicamente presenti molto più che in 3D, e che si rivolgono a noi attraverso qualcosa che supera ogni miniaturizzazione e ogni elettronica: con la bocca, le orecchie e l'aria circostante, l'aria che respiriamo insieme. È così che mi sono messo a rileggere Erodoto, attraverso un contatto su “alternet” con il mio amico Luca Boschetti. Luca fa di professione il camionista: il venerdì e il sabato sera fa il giro delle piccole fattorie per riempire un'autobotte del latte che servirà in seguito a fare il groviera. Ma, appena ha un po' di tempo legge Aristotele o Tucidide, scrive testi sul sillogismo modale o finisce di imparare a memoria un grande poema (mi ha già recitatoLe bateau ivre di Rimbaud, alcuni passaggi della Divina Commedia o ancora Genesi di Odysseas Elytis…). Un paio di mesi fa, nella casualità delle nostre peregrinazioni estive, abbiamo condiviso la stessa camera e una mattina, mentre leggeva Erodoto nel suo letto, mi ha rammentato certi episodi della vita di Cambise II, il figlio di Ciro il grande (certamente, non sono solo l'amicizia e la gratitudine a spingermi a spiegare come ho concepito questo pezzo, è anche la scientificità – le note a piè di pagina, che forniscono il preciso riferimento di un libro o di un sito e che conferiscono carattere di serietà alle tesi dottorali, non sono in verità così tanto serie: tralasciano l'avvenimento attraverso il quale un'idea ci è venuta in mente e che non può esprimersi che in modo narrativo). Del nostro re persiano, si conosce soprattutto il Giudizio rappresentato dal pittore primitivo fiammingo Gerard David: nel dipinto si vede un uomo scorticato vivo da alcuni borghesi per bene, in mezzo a passanti interessati appena dalla cosa. Niente lascia intravedere che si tratta del supplizio di Sisamne, un episodio accaduto in oriente sotto gli achemenidi. Ecco come lo narra Erodoto, con quello stile di una concisione estrema che racconta grandi orrori facendo finta niente, en passant, spesso con una sola frase caricata come una molla per dispiegare tutta una tragedia (Storie V, 25): «Sisamne, uno dei giudici reali, era stato mandato a morte dal re Cambise per aver emesso per denaro una sentenza ingiusta; Cambise lo aveva fatto scorticare interamente e la sua pelle, scuoiata e tagliata a strisce era stata distesa sul trono su cui sedeva per amministrare la giustizia. Dopodiché Cambise in luogo di Sisamne, da lui fatto uccidere e scorticare, aveva nominato giudice il figlio di Sisamne, con l'invito a ricordarsi su quale trono sedeva per amministrare la giustizia». Ci immaginiamo abbastanza bene il figlio di Sisamne mentre pronuncia una sentenza su quella poltrona tappezzata con il cuoio paterno, la fronte sudata e così preoccupato di non cadere nella malversazione che sistematicamente giudica sfavorevolmente i ricorrenti più ricchi. Per quanto riguarda la crudeltà di Cambise, bisogna ricordare che Dante non esitava a mettere a Nicola III all'inferno, incastrato in una roccia a testa in giù, le membra senza tregua cotte e ricotte dalle fiamme, perché questo papa si era reso colpevole di simonia. Non per nulla Francesco, di ritorno dalla Gmg, per spiegare che non c'era solo la «violenza islamica» ha rievocato la violenza del denaro. Ma è un altro il passaggio che Luca mi ha letto quella mattina - quello di un altro giudizio di Cambise, o della sua assenza di giudizio. Dopo la sua conquista dell'Egitto e la ferita sacrilega inflitta a un toro di Apis, il re diventa se possibile ancora più crudele e anche i suoi sudditi persiani, per quanto abituati alle atrocità, lo credono pazzo. Corrucciato dalla voce della sua follia, il re convoca il suo fedele consigliere Pressaspe e gli dice con calma (III,35) : «E tu adesso impara se i Persiani dicono il vero o se sono loro fuori di senno, quando parlano così. Ora io scaglio una freccia contro tuo figlio, là in piedi sulla soglia, e se lo centro in mezzo al cuore sarà chiaro che i Persiani parlano a vanvera; se invece lo sbaglio vorrà dire che i Persiani hanno ragione e che io non sono sano di cervello». Disse così, tese l'arco e colpì il ragazzo, che cadde a terra; quindi ordinò che gli si aprisse il petto e si osservasse il punto colpito; stabilito che la punta era penetrata nel cuore, si rivolse ancora al padre del ragazzo e ridendo gli disse pieno di buon umore: «Pressaspe, ora hai la prova che non sono pazzo, che sono i Persiani a sragionare. Dimmi, hai mai visto nessuno al mondo così preciso nel tiro con l'arco?». Allora Pressaspe, vedendo Cambise del tutto fuori di senno e temendo per la propria incolumità, gli rispose: «Signore, credo che neppure il dio in persona potrebbe tirare con l'arco così bene». La scena è perlomeno sorprendente, soprattutto quando la si sente all'ora di colazione: coopera con il caffè per aprirci bene gli occhi, anche se ci lascia per molto tempo con il croissant in mano sospeso sulla tazza. Si vede ciò che accade quando si regna con il terrore (fosse anche per buoni motivi, come la lotta contro la malversazione). Ci si accorge anche che a cotanto padre non segue necessariamente un figlio degno: Ciro il Grande è una figura messianica nella Bibbia, e quando Senofonte scrive la sua Ciropedia, lo presenta come quello che ha ricevuto l'educazione ideale dei principi - come dunque è possibile che il suo erede vada a finire così male? Ma c'è un altro aspetto, più attuale ancora. Cambise dimostra che non è pazzo grazie ad una prodezza che consiste nell'uccidere il figlio sotto gli occhi del padre, invitando poi quel padre a rallegrarsi di tale prodezza “divina”, un Guglielmo Tell rovesciato. Qui appare una logica che distrugge il genealogico e al tempo stesso un'esattezza tecnica che soppianta la rettitudine morale. Il segno della razionalità si riduce all'efficienza. Del resto è la stessa cosa che stava tramandosi sotto il giudizio di Cambise, araldo della cibernetica: fabbricare una sedia “intelligente” che costringa meccanicamente il giudice a sentenze senza errori. Vedere la nostra pseudo-razionalità del XXI secolo descritta e sondata così bene da una storia del VI secolo a. C. ha di che farci riflettere. E io mi dico che il vero avvenire potrebbe consistere in questo alternet - leggere Erodoto al risveglio (dopo i Salmi) tra amici.
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