Partì la goccia dalla sua patria, trovò una conchiglia, vi entrò e divenne una perla. O uomo, viaggia da te stesso in te stesso, perché da un simile viaggio la terra diventa oro purissimo.
Nato in Persia nel 1207 ma vissuto e morto a Konya in Turchia nel 1273, Gialal al-Din Rumi è una delle grandi voci mistiche e poetiche dell'Islam sufi. Le sue sono pagine roventi di amore, fragranti per le immagini e i simboli, luminose per la spiritualità che da esse traluce. È il caso dei pochi versi sopra citati che partono da una piccola realtà, l'ostrica che, filtrando l'acqua del mare, genera una perla all'interno delle sue valve. La parabola diventa trasparente nella sua applicazione. Già s. Agostino ammoniva sulla necessità di ritornare dall'esteriorità dispersiva nelle profondità intime e segrete dell'uomo interiore. Là non si scoprirà solo il proprio Io ma anche Dio.
È per questo, continua Rumi, che nel segreto dell'anima la stessa materialità e fragilità del tuo essere creaturale si trasformerà in oro purissimo. È una lezione importante in questo tempo fatto soprattutto di apparenze, incline all'ostentazione esteriore, attratto solo dalla superficie levigata dei corpi, votato alla frivolezza delle esperienze, sensibile solo alla leggerezza e alla futilità. Se si vuole creare qualcosa di solido, e permanente, bisogna avere il coraggio di ritornare alla riflessione, alla meditazione, all'interiorità. Un altro poeta turco, il contemporaneo Yunus Emre, cantava: «Invano andrai in pellegrinaggio, è meglio penetrare in un cuore», ricordando che anche la mera pratica religiosa esteriore è insufficiente rispetto all'autenticità della fede e dell'anima.
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