
La cronaca insegna a fare sintesi, a volte esagerando. Anche per edulcorare la realtà. È forse questo il caso di “Gpa”, acronimo che sta per “gestazione per altri”: un modo elegante e con un fondo persino positivo per definire quella che, tra leggi e mass media, è meglio conosciuta come “maternità surrogata”. Non sono i soli modi per chiamare il pagamento di una “madre portatrice” al servizio di “genitori d’intenzione”, o “sociali” per avere il figlio desiderato (pagando): il più noto ed esplicito di tutti è “utero in affitto”, ma sono apparsi anche neologismi elusivi come “gravidanza di sostegno” o “maternità di sostituzione”.
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