Non ho più idee. Devo averle gettate via insieme alle ideologie.
La citazione da cui partiamo oggi è così breve perché nasce da una vignetta folgorante di Altan, il noto disegnatore che ha creato l'ormai mitico operaio Cipputi e la sua interlocutrice Pimpa. Riesco a comprendere e a condividere la sua amara considerazione perché sono coetaneo di questo vignettista e, quindi, ho anch'io assistito a quello che si usava celebrare come il funerale delle ideologie. Esse, in verità, si erano ridotte a essere armamentari rigidi, a modelli socio-politici sclerotici e persino a concezioni filosofiche o spirituali frigide e incapaci di illuminare le menti e le coscienze. Ma prima o poi ci si è accorti che, assieme alle ideologie, si sono sotterrate anche le idee. Non parliamo della politica di oggi che confonde gli slogan col pensiero, ma anche la cultura non scherza, affidata com'è a stanchi luoghi comuni e a stantie ripetizioni.
Il grande Pascal non aveva dubbi quando scriveva, nei suoi Pensieri, che «lavorare a pensare bene è il principio della morale». E con acutezza continuava a combattere «due eccessi: escludere la ragione, non ammettere che la ragione». È, questa, la vera sapienza che non si nutre solo di fredda intelligenza, capace anche di costruire i mostri ideologici, ma si alimenta di una conoscenza saporosa, globale, pronta a inoltrarsi anche nelle regioni ardue delle domande ultime sulla vita e sulla morte, sul dolore e sull'amore, sul vero e sul falso. Le ideologie sono idee fisse e aveva ragione il filosofo dell'Ottocento Kierkegaard quando le comparava ai crampi ai piedi «il cui rimedio migliore è camminarci sopra». Ma senza idee vive e vere si diventa vuoti, incapaci di trovare un senso nella vita, corpi che camminano e non persone che cercano e scoprono, amano e giudicano, vivono e non sopravvivono. «Si resiste all'invasione degli eserciti " scriveva Victor Hugo " ma non alla forza delle idee».
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