Oggi è un giorno speciale, va in scena, per uno sguardo capace di attenzione, il racconto di un intero ciclo dell'umanità: ascesa, splendore, caduta. Una arcaica ritualità che non è più cerimonia ma si presenta nella dimensione funzionale, materica. Arriva il Falaschi, maniscalco, un titolo che fu di alti dignitari di corte, come maresciallo, stessa radice linguistica. Forgia i ferri, è fabbro. Artefice.Forgiare è dar forma ad una materia resa incandescente ed è il colore a decretarne il tempo di lavorazione; rosso, arancio, giallo: mazza e martello, nel ritmo, forgiano il metallo. Trazione, piegatura, compressione. Il fabbro, signore del ferro e del fuoco, battendo e ribattendo il metallo, fu punto di sutura, sulla terra, tra gli inferi e gli stratificati cieli. In veste di sciamano, battendo e ribattendo il tamburo, ricuciva l'ordito di un precario equilibrio, a rischio, mortale. Fu il suono dei martelli sull'incudine a propiziare l'arte della musica ispirando a Pitagora, a passeggio per le strade di Siracusa, le prime riflessioni, i primi studi su concordanze, proporzioni, rapporti.Il Falaschi è dedito ad un'arte nata con lo stigma della magia, poi indispensabile all'industria, che fatica a mantenere lo status di mestiere. Nel mondo, le cose cambiano.
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