Ben poco ci è dato di sapere sulle vicende biografiche del compositore George Gebel "il Giovane" (1709-1753): nato e cresciuto in una famiglia di musicisti, visse tra la Polonia e la Germania, soggiornando a Breslavia e Oels, Varsavia e Dresda, per approdare infine a Rudolstadt, cittadina della Turingia dove si spense, non ancora quarantaquattrenne, in seguito a una forma acuta di malo hypocondriaco (una sorta di psicosi maniaco-depressiva). Curiosamente, le cronache del tempo sono però concordi nel sottolineare una particolare attitudine che caratterizzò soprattutto gli ultimi anni di vita dell'artista: una spiccata passione per la pittura, che Gebel coltivò con esiti che andarono ben al di là del semplice dilettantismo. E come i pannelli istoriati di un'imponente pala d'altare, le sei parti in cui è divisa la sua Johannes Passion si aprono di fronte all'ascoltatore per svelare tutta la forza comunicativa e l'impatto emotivo del loro racconto. Si tratta di un lavoro appartenente a un genere molto in voga nella Germania luterana dell'epoca, quello della passione-oratorio, concepito per essere eseguito a Rudolstadt durante le funzioni liturgiche del Venerdì Santo del 1748, e da allora praticamente caduto nell'oblio.
Il risveglio coincide con l'apprezzabile registrazione discografica realizzata, sotto la direzione di Ludger Rémy, dalla compagine corale inCanto e dal Barock-Ensemble di Weimar (2 cd pubblicati da Cpo e distribuiti da Sound and Music), a cui va aggiunta una folta schiera di cantanti, sopra cui svettano, per qualità tecnica e continuità interpretativa, il basso Sebastian Bluth (un teatrale Gesù) e l'inossidabile baritono Klaus Mertens, che in questo repertorio conosce ben pochi rivali. Fedele al retaggio della tradizione protestante tedesca, nel grandioso polittico della sua Passione secondo Giovanni Gebel "il pittore" si muove, in punta di pennello, tra il nobile immobilismo dei corali, la drammatica incisività dei recitativi e degli inquietanti episodi affidati alle turbae, conferendo soprattutto rilievo all'afflato lirico delle arie solistiche; è proprio qui che la capacità di introspezione psicologica del compositore si impone in tutto il suo valore, in una sintesi ideale tra suoni e parole, luci e colori.
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