Buona, bella e importante. La dieta mediterranea sbaraglia tutti i concorrenti e si piazza al primo posto nella curiosa – ma molto seguita – classifica dei metodi di alimentazione presenti in tutto il mondo. Primato di non poco conto, e non solo per gli aspetti gastronomici e salutistici, ma anche per il significato economico, occupazionale e ambientale che la dieta mediterranea si porta dietro. La graduatoria, ripresa in Italia da Coldiretti, è stata resa nota in questi giorni da U.S. News & World Report, noto a livello globale per la redazione di classifiche e consigli per i consumatori. Il primato, dicono i coltivatori, è stato ottenuto in ben cinque specifiche categorie: prevenzione e cura del diabete, difesa del cuore, mangiare sano, componenti a base vegetale e facilità a seguirla. Ciò che qui importa, tuttavia, è che la dieta mediterranea ha dietro un comparto agricolo e agroalimentare di tutto rispetto, che continua a mietere primati mondiali e che, nel 2020 è arrivato a vendere in giro per il mondo alimenti per circa 46,1 miliardi con un aumento dell'1,7% rispetto all'anno precedente, mentre gli acquisti di prodotti alimentari dall'estero si sono fermati a 43 miliardi.
Il primato sancito oltre oceano, rappresenta anche l'occasione per una stoccata campanilistica. Il primo posto nella classifica mondiale delle diete, viene fatto notare dai produttori italiani «è anche una risposta ai bollini allarmistici e a semaforo fondati sui componenti nutrizionali che alcuni Paesi, dalla Gran Bretagna al Cile alla Francia, stanno applicando su diversi alimenti della dieta mediterranea sulla base dei contenuti in grassi, zuccheri o sale». Sana competitività tra paesi diversi, si potrebbe dire, che, tra l'altro, deve comunque fare i conti con altre notizie che rimbalzano sulle agenzie. Per la prima volta dall'inizio della pandemia pare che gli italiani abbiano comprato meno cibo. Le cifre diffuse sempre in questi giorni parlano di un -5,5% in valore e di un -5,6% in volume per febbraio 2021 su febbraio 2020. Fa notare Filiera Italia: «Non è solo il saldo dell'effetto scorte che hanno gonfiato i consumi all'inizio della pandemia lo scorso anno, è l'aumento del food social gap». Che, detto in altro modo, significa una cosa sola: la distanza tra chi può permettersi di acquistare prodotti di qualità e chi deve contrarre i consumi si sta allargando. Insomma, la povertà cresce anche se la dieta mediterranea vince.
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