Può anche succedere che in tv pensi di vedere una cosa e ti ritrovi di fronte a tutt’altro. Non dovrebbe, ma succede, anche se hai letto un annuncio o una presentazione. È il caso della serie in quattro episodi I re del Luna Park in onda su Sky Documentaries dal 30 novembre alle 21.15. Le serie tv ormai vengono realizzate su tutto e quindi ce ne stava bene anche una sul fascino delle giostre e dello spettacolo viaggiante da sempre sinonimo di luci, divertimento e festa. È così che la docu-serie in questione, inizialmente, racconta la vita quotidiana, le passioni e le difficoltà dei Monti Condesnitt, una delle più famose famiglie pugliesi di giostrai, fra le ultime rimaste a difendere una tradizione che rischia di sparire. Prodotta da Ballandi, diretta da Marco Pellegrino, ideata e scritta dallo stesso Pellegrino con Giulio Beranek, che è anche interprete, e Daniela Mitta, si rifà alle reali vicende dei personaggi che hanno ispirato il romanzo Il figlio delle rane (Bompiani) scritto a quattro mani dagli stessi Pellegrino e Beranek. Il titolo del libro, che poi indirettamente viene spiegato nella docu-serie, si riferisce al fatto che tutti i componenti la famiglia vengono paragonati a una giostra. Per cui la nonna è la filibusta (la nave pirata), il padre il ballerino, la mamma l’autoscontro, lo zio il simulatore e, appunto, il figlio delle rane, cioè di quella vecchia attrazione dove un giocatore munito di canna da pesca deve pescare delle rane di plastica che aprano e chiudono le bocca disposte su una piattaforma rotante. Dalla docu-serie si scopre anche che i giostrai usano un linguaggio loro tutto particolare. Si definiscono dritti, mentre appellano gli avventori come contrasti o gaggi. Il campino è la roulotte, il mestiere è l’attrazione. «È quasi una lingua quella che si parla in mezzo alle giostre», afferma Beranek proseguendo con l’elenco dei vocaboli: pivella (ragazza), galuppo (operaio), lovi (soldi), baccagliare (parlare), cistì (fai attenzione), smiccia (guarda), inchiarirsi (ubriacarsi), narvalo o balengo (stupido). Infine, viaggio uguale vita, perché «la vita vera è fatta di montaggi, smontaggi e di viaggi, viaggi, viaggi…», spiega ancora Beranek. Ma ecco che allo spaccato interessante su una realtà che si conosce poco segue la parte della docu-serie che non ti aspetti e che invece diventa preponderante: il rapporto con la malavita per cui «i giostrai pagano con soldi o con biglietti omaggio per stare tranquilli», ma soprattutto la vicenda di zio Amilcare (uno dei «re del Luna Park») legata al traffico di armi e alla guerra nell’ex Jugoslavia di cui la docu-serie fornisce immagini molto esplicite di esecuzioni sommarie, oltre a racconti di vendette raccapriccianti. Anche questo fa parte delle vicende della famiglia di giostrai, ma di certo la poesia dell’inizio si perde nella crudezza di una storia criminale.
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