La crisi manda ancora più a fondo i consumi alimentari. Nei primi nove mesi del 2013 la spesa per alimenti e bevande ha subito una riduzione di quasi il 4% su base annua, la peggiore dall'inizio della seconda ondata recessiva ancora in atto. È il risvolto negativo dell'agroalimentare nazionale che macina successi internazionali ma deve fare i conti con un mercato interno ancora in piena notte.I dati più aggiornati sul commercio agroalimentare nazionale sono arrivati dall'ultima rilevazione Ismea Gfk-Eurisko. Un'indagine che, pur nel dato generale negativo, precisa come nel periodo preso in considerazione sia stata «meno marcata la flessione degli acquisti in volume, scesi nello stesso periodo dell'1,7%». Proprio i due numeri messi insieme, indicano però «il crescente ricorso a strategie di risparmio adottate in chiave anti crisi dalle famiglie italiane». È ormai il regno della ricerca dell'offerta speciale, del cosiddetto "nomadismo" tra insegne e degli acquisti di cibi a basso prezzo. E a farne le spese sono fra l'altro alcuni dei prodotti d'eccellenza del settore come l'olio extra vergine di oliva (-8,8% in volume) e i vini (-6,7%). Mentre le carni fresche accusano una flessione del 2,4%, su cui incide soprattutto l'andamento negativo dei tagli bovini (-4% i volumi). Solo la pasta chiude con un lieve aumento ma l'impatto delle promozioni e lo spostamento degli acquisti verso prodotti più economici hanno ridotto la spesa dell'8,3%. Ed è più leggero anche il carrello dell'ortofrutta e dei lattiero-caseari.Eppure, se questo è il panorama generale del mercato interno con cui gli imprenditori agricoli si devono confrontare, c'è chi riesce a fare comunque bene. È il caso, per esempio, del sistema della cooperazione agroalimentare che ruota attorno alla figura del «socio-produttore», cioè dell'agricoltore che è allo stesso tempo «co-proprietario» della cooperativa alla quale aderisce. Si tratta di circa 850mila produttori-cooperatori che controllano un terzo della produzione agricola del Paese e circa un quarto del nostro alimentare. In comparti come il vino e l'ortofrutta, le cooperative possono davvero fare la parte del leone. Per capire meglio basta pensare che tre strutture di Fedegri-Confcooperative riescono da sole ad avere numeri da record. Fra Ravenna e Forlì-Cesena – per esempio –, la Orogel raccoglie circa 2mila produttori e costituisce una delle prime imprese del comparto in Italia, mentre a Faenza la coop Agrintesa lavora con 5mila soci che conferiscono oltre 440mila tonnellate di prodotto e 150mila tonnellate di uva vinificata. Senza contare la Caviro, sempre dell'universo cooperativo, che riesce a raccogliere 11mila viticoltori, 32 cantine in sei regioni italiane e il cui fatturato supera i 280 milioni di euro.La vera questione che occorre affrontare e risolvere, è però la stagnazione del mercato interno, direttamente collegata alla congiuntura difficile. Se dal punto di vista organizzativo la cooperazione può insegnare molto, da quello delle potenzialità del consumo occorre ancora fare molta strada.
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