«Il termine greco Paideia assume oggi, come nel mondo antico, un carattere ampio che investe la sfera dei concetti sociali e filosofici di educare, formare i giovani attraverso lo sport a quei valori cardine del vivere assieme in società sempre più cosmopolite, ricche di diversità, all'interno delle quali ricercare valori comuni come il rispetto dell'altro, il superamento delle paure personali e l'armonia con ciò che ci circonda. L'osservazione della natura, l'esercitazione in manifestazioni all'inizio naturali quali correre, saltare, lanciare oggetti o il combattere sono alla base dello sport che in alcune realtà sociali prima di altre, quali ad esempio il Giappone, la Cina e la Grecia hanno storicamente trovato un radicale utilizzo nell'immissione di tali pratiche in un sistema educativo per i giovani del tempo. Le antichissime pratiche della lotta in Giappone o delle arti marziali in Cina nascevano infatti non solo quale allenamento alla difesa personale in tempo di guerra, ma soprattutto quale ricerca armonica della posizione dell'uomo nello spazio che lo circonda in tempo di pace». Sono queste le parole con cui Paolo Giulierini, direttore del Mann (il bellissimo Museo Archeologico Nazionale di Napoli), descrive il processo pedagogico che abitualmente riferiamo quasi in esclusiva alla Atene del V secolo a.C. e che invece risulta fondante anche per tante altre società.
Una posizione armonica dei giovani (cioè presenti e futuri) cittadini nel contesto sociale è, dunque, l'obiettivo ultimo di un percorso educativo che, con il passare dei secoli ha consolidato quella necessità di tenere insieme elementi diversi, come la conoscenza della storia, l'eloquenza, la danza, la religione, la musica e naturalmente, il grande protagonista di questa rubrica: lo sport o, senza timore di retorica, la ginnastica (dunque non soltanto quel tipo di business-show sportivo che porta con sé, oltre allo spettacolo, anche tante contraddizioni).
Questa lunghissima pandemia, oltre a tanto altro, ci sta insegnando che la completezza del nostro vivere in una comunità passa attraverso le nostre capacità di relazione, il nostro intelletto e anche la nostra fisicità. Prenderci cura di mente e corpo, oltre a richiamare la famosa locuzione latina tratta da Giovenale (mens sana in corpore sano), si sta dimostrando la sfida più grande di questi ultimi due anni. Purtroppo le difficoltà di questa sfida sono ben visibili in quella rabbia dilagante, esasperata dall'impossibilità di viaggiare, di confrontarci con il diverso da noi, di alimentare la nostra curiosità e di prenderci cura del nostro corpo. Chissà quando e come ne usciremo, chissà come sarà il giorno in cui l'emergenza terminerà, chissà quanto saremo stati cambiati da ciò che avremo vissuto, individualmente e collettivamente.
Nell'attesa di quel momento possiamo continuare a nutrirci della grande lezione del mondo classico che ci ricorda che la cura è certamente scienza, ma anche cultura, valori, morale, musica, arte e, naturalmente, sport. Un universo di cose che questa pandemia ci sta togliendo, forse per farcene apprezzare, una volta per tutte, l'importanza e la necessità di difenderle.
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: