Prendersi cura di chi soffre significa mostrare al mondo un frammento dell’amore di un Dio che è sceso nella morte e ha condiviso con noi il buio del dolore. Ed è in questa opera profetica che si espresse la santità di san Giuseppe Moscati, medico che seppe conciliare scienza e carità. Era nato nel 1880 a Benevento, ma dal 1888 viveva a Napoli, dove si era laureato in medicina nel 1903. Nella sua carriera non si risparmiò per aiutare i sofferenti: salvò alcuni malati durante l’eruzione del Vesuvio del 1906; prestò servizio negli Ospedali Riuniti in occasione dell’epidemia di colera del 1911; fu direttore del reparto militare durante la Grande guerra. Negli ultimi dieci anni di vita fu particolarmente attivo sul fronte della ricerca e dello studio scientifico: fu assistente ordinario nell’istituto di chimica fisiologica; aiuto ordinario negli Ospedali riuniti; libero docente di chimica fisiologica e di chimica medica. Scelse, però, di stare vicino a chi soffriva anche quando gli venne proposto di diventare ordinario all’Università di Napoli: «Il mio posto è accanto all’ammalato», disse. Nel 1919 fu scelto come primario agli Ospedali Riuniti. Continuò a stare accanto agli ultimi offrendo assistenza gratuitamente ai poveri. Il 12 aprile 1927 morì a causa di un infarto. Giovanni Paolo II l’ha canonizzato nel 1987 al termine del sinodo dei vescovi su «Vocazione e missione dei laici nella Chiesa».
Altri santi. San Damiano di Pavia, vescovo (VII-VIII sec.); sant’Alferio, abate (X-XI sec.).
Letture. Romano. At 5,34-42; Sal 26; Gv 6,1-15.
Ambrosiano. At 4,23-31; Sal 2; Gv 3,22-30.
Bizantino. At 5,1-11; Gv 5,30-6,2.
t.me/santoavvenire
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