Sull' "Indice" di novembre Gian Giacomo Migone ha pubblicato un lunghissimo articolo su quella che ormai è conosciuta come "la casta" per eccellenza, cioè la casta dei politici. Per dire la sua in proposito, Migone si serve di ricordi autobiografici, dato che dal 1992 al 2001 fece parte della categoria in oggetto come senatore della Repubblica. I vantaggi materiali e i privilegi di vario tipo che ha conosciuto e goduto di persona (magari con imbarazzo) vengono elencati in dettaglio. La tipologia è molto diversificata. Privilegi economici, psicologici, istituzionali e di status. Il politico è circondato da attenzioni e riguardi, vantaggi e cortesie che lo avvolgono in «una sorta di atmosfera esclusiva di stampo ottocentesco, tipica di certi circoli maschili di origine anglosassone, che faceva pronunciare al neosenatore a vita Gianni Agnelli l'ormai famosa anche se poco citata battuta: "Mi sembra un ottimo club. Soltanto mi sorprende che, anziché pagare la quota associativa, i soci vengano retribuiti"».
Migone obietta giustamente che la maggior parte dei senatori non si trovano nella condizione materiale della famiglia Agnelli. Comunque sia, «resta l'aura di seduzione, non soltanto materiale, che il Parlamento esercita su chi entra a farne parte». Come è ovvio, il fatto che, dice Migone, si trasformino «i parlamentari in tacchini farciti di privilegi non può che produrre (…) un attaccamento eccessivo e impropriamente immotivato a quella carica, ma anche a una sorta di lealtà di casta».
Ecco di nuovo la parola. La casta esiste. Questo è anche inevitabile. Nello spazio istituzionalmente deputato al confronto e al conflitto politico, i contendenti, gli avversari si omologano. Il mestiere li addomestica e li rende simili. A volte è proprio la lotta tra simili quella più feroce, perché non si accetta di tollerare che un mio simile comandi molto più di me. Ma la cosa che alla fine più conta è lo stile di vita protetto e privilegiato che distingue, isola, allontana questi cittadini speciali dai cittadini non speciali. La domanda è: chi fa politica capisce i problemi di chi non la fa?
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