La notizia del riconoscimento delle virtù eroiche di Tonino Bello, che fu vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi, è uscita nella tarda mattinata di ieri: «Un passo importante verso la gloria degli altari» ha subito scritto sul sito di "Avvenire" ( bit.ly/32ogSdC ) Riccardo Maccioni. Di lì a poco, su Facebook, la stringa "don Tonino Bello venerabile" diventava «attualmente popolare»: le varie pagine, più o meno ufficiali, a lui dedicate iniziavano a mietere reazioni a migliaia mentre sui profili personali fioccavano i commenti. Gianni Di Santo, giornalista, è stato lapidario: «Una notizia che francamente non solo aspettavo da tempo, ma che mi fa stare bene».
Mariangela Maraviglia, storica della Chiesa, ha ricordato che Adriana Zarri pregava già il suo nome nella liturgia della notte di Pasqua, presso il proprio eremo. Agostino Maria Greco, insegnante di religione e musicista, ha dato solo la notizia, ma tra i commenti dei suoi amici digitali uno ha intonato quasi un salmo: «Esulta l'anima mia! Teologo dei semplici!». Lorenzo Pisani, matematico, ha sottolineato che «il vero impegno è tenere viva memoria di una guida così luminosa» e «custodire il tesoro delle sue spinte ideali, aperte alla speranza». Infine Stefano Sodaro, giurista e canonista, fondatore del periodico online di liturgia del quotidiano "Il giornale di Rodafà", ha raccontato, da testimone diretto, un episodio minimo della vita del futuro beato ma non per questo meno significativo del suo modo di essere.
Il contesto è un'intervista televisiva al vescovo Tonino da registrare presso l'abitazione della famiglia Sodaro, a Trieste. Qui succede che egli si oppone a che il nonno e il gatto di casa siano sfrattati dal salotto, destinato a fungere da set; che insieme all'intervistatore, don Dario Pavlovich, ride quando il nonno, durante la registrazione, zittisce rumorosamente il gatto; che sceglie un'utilitaria per raggiungere, a intervista terminata, i partecipanti alla Marcia della Pace di quel fine anno 1991.
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