«Un Paese alla rovescia»: così la sociologa Chiara Saraceno (Università di Torino e di Berlino) ha definito l'Italia (La Repubblica, giovedì 19) per quella sua parte che non vuole l'istituzione di un reato specifico di violenza contro le persone omosessuali. C'è da stupirsi, visto che "alla rovescia" sarebbero, semmai, coloro che in nome della disparità esigono di voler essere considerati alla pari, come è giusto, con chi vive una sessualità normale. Per esempio: quando chiedono il diritto di sposare una persona del loro medesimo sesso, cosa che non è concessa a nessuno, essi pretendono un diritto in più. E ora vogliono essere differenti anche per il caso di rimanere vittime di ingiuste e deprecabili violenze, come se non esistessero norme sufficienti per garantire, senza discriminazioni, l'incolumità di chiunque. Già la Costituzione (art. 3) riconosce la «pari dignità sociale» e l'uguaglianza di tutti i cittadini «davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di religione, di opinioni politiche e di condizioni personali e sociali». Perché, altrimenti, bisognerebbe riconoscere anche un reato di cattofobia per quando i cattolici sono picchiati, e di senefobia (gli anziani ingannati, truffati, picchiati), di etnofobia e magari anche di fasciofobia e comunisfobia, dato che queste due specificità ideologiche si scontrano spesso tra loro. Oltre tutto, omofobia significa paura dell'uguale (dal greco omós = stesso e fobós = timore, paura) non odio anti-omo, ed è parola nata nell'ambiente omosessuale, per indicare il timore, l'ansia che, almeno un tempo e in un ben diverso clima sociale, queste persone avevano di essere "uguali" a quelli come loro. Queste pretese sono solo un artificio per ottenere un impossibile riconoscimento giuridico dell'omosessualità. Come, però, scriveva autorevolmente su questo giornale il filosofo del diritto Francesco D'Agostino, è giusto «combattere le discriminazioni», ma «senza riconoscimenti impropri».
I TAGLI DELLA 194
«Giovani in estinzione»: questo era, giovedì 18, un titolo comune a più quotidiani: per esempio, al Corriere della sera e a Il Giornale. Il primo precisava: «Dal 2000 al 2010 abbiamo perso 2 milioni di giovani tra i 15 e i 34 anni». Dati del Censis. Vediamo: i 34enni di oggi sono nati nel 1977, i 15enni nel 1996. Dal '78 al '96 sono stati praticati 3milioni 384mila aborti legali. Se vogliamo aggiungere i 50mila clandestini annui di quell'epoca ammessi anche dal Ministero, arriviamo a 4milioni 334mila; e se vogliamo considerare i centomila (non di più) clandestini annui di prima della legge, e quindi toglierne un milione 900mila, il risultato finale è un milione 284 mila. E se, infine, calcoliamo il calo naturale della natalità considerato anche dal Censis, ecco che i conti di quei due milioni in meno di giovani dai 15 al 34 anni tornano, poco più poco meno.
ATEA GRAZIE A DIO
«Margherita [Hack]: un'atea grazie a Dio». Così l'Unità annuncia (domenica 15) un suo libro: "Il mio infinito. Dio, la vita e l'universo". Scientificamente l'infinito non può esistere, perché non è conoscibile né sperimentabile né ripetibile. Di infinito, almeno teoricamente o metafisicamente, non ci può essere che Dio. Perché la Hack dovrebbe essere considerata atea?
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