Sabrina gestisce col marito una gelateria a Lainate, alle porte di Milano, che non di rado ha ricevuto riconoscimenti dalla critica e dal pubblico. E dopo l'ultimo a Milano ha deciso di scriverci, evocando una parola – la colleganza – che potrebbe essere il manifesto del 2020. Scrive Sabrina: «È come essere una specie che rischia l'estinzione (l'Artigiano) per cui sapere di avere accanto qualcuno che riconosce il tuo impegno e il tuo valore ti fa sentire meno sola. Nella mia precedente vita (psicologa) mi sono affezionata a un concetto del nostro Codice deontologico: la colleganza. Alleanza tra colleghi. Si è e si può essere concorrenti, ma l'etica della lealtà e del rispetto per la professione non devono mai mancare. Colleganza significa sapere di essere capaci, ma non per questo sminuire l'altrui lavoro. Sapere di avere dei limiti che altri hanno superato e che possono essere un esempio. Capire e apprezzare l'ingegno, l'idea di chi ha pensato qualcosa a cui noi non avremmo mai pensato». Ho letto e riletto queste parole e mi sono sembrate nuove, in un mondo dove non solo non c'è la considerazione della figura del collega, ma nemmeno esiste il codice deontologico. Servirebbe la colleganza alla politica? Altro che sì, ma all'interno di un medesimo partito, vien da dire di fronte a uno sbriciolamento che non fa paventare nulla di buono. Tuttavia la colleganza è qualcosa che diventa necessario, quasi una spinta buona che fa parte della natura dell'agire umano. Un esempio clamoroso è arrivato in questi giorni quando per la prima volta su un giornale francese, Le Figaro del 12 gennaio, è uscito l'articolo intitolato «Cuisine italienne: "il grande successo"», evocando il titolo del film «La grande bellezza». Ora, leggendo fra le righe dell'articolo, si scopre che alcune icone della cucina francese hanno rivalutato il valore del ricettario italiano, primo fra tutti Alain Ducasse, che considera la nostra una cucina conviviale. Ma c'è di più, perché proprio Ducasse arriva a dire che «noi cuochi siamo nel nostro ruolo quando facciamo dialogare le culture culinarie». Ovvero la colleganza, che declina esattamente le parole di Sabrina, aprendo le porte al progresso. Si progredisce se si guarda ogni cosa con la prospettiva di unire dei saperi; si regredisce se si tengono i talenti per sé, sotto terra, secondo la parabola di evangelica memoria. Niente di nuovo sotto il sole, dunque, se non che i segni di una regressione di rapporti, ai vari livelli della società, impediscono una visione e uno sviluppo. I cuochi francesi – lo ha rilevato anche il New York Times – hanno scoperto nella cucina italiana un fattore di integrazione di valore culinario già molto alto; ora tocca ai reggenti dell'Europa fare altrettanto, mettendo a fuoco i punti di forza e di debolezza di quello che va considerato un insieme. L'ovvia colleganza, insomma.
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